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Capgemini – il 60% dei consumatori preferisce l’esperienza di uno smart store a quella dell’acquisto online

Capgemini ha recentemente effettuato un’indagine sulle sfide dei negozi fisici che, oggi, per rispondere all’offensiva del commercio elettronico, devono reinventarsi e diventare “smart”. La ricerca ha coinvolto un panel di circa 6.000 consumatori finali e circa 1.000 manager e top manager della distribuzione in Europa, Usa, Cina e India.

Identikit di uno smart store

Quando si parla di smart store si intende uno shop che abbia abbracciato la tecnologia dell’automazione, già da molto tempo disponibile ma non ancora a livello mainstream. Ad esempio, ci sono sistemi che consentono l’identificazione automatica dei clienti, la gestione avanzata della loyalty, la product information, le tecnologie self service, gli scaffali intelligenti e così via. L’obiettivo è di rendere la shopping experience all’interno del punto di vendita più accattivante e memorabile, dando anche uno sprint all’efficienza.

Smart store vs acquisti full digital

Secondo l’indagine di Capgemini, il 60% degli intervistati ha dichiarato di preferire l’esperienza offerta da uno smart store piuttosto che quella full digital, che si può vivere in un tradizionale shopping online. Un dato che vale in particolar modo per l’80% dei giovani, sotto i 21 anni e per il 67% dei consumatori tra i 22 e 36 anni.

La stessa evidenza emerge da una recente analisi di Epson, che ha scoperto come rendere partecipi i consumatori in esperienze dirette sul punto vendita sia cruciale per cambiare il loro comportamento e potrebbe persino invertire la tendenza spostando il maggior numero di acquisti in negozio a spese dei giganti online e degli acquisti sul web.

Vantaggi e svantaggi del negozio fisico

Capgemini sottolinea che l’esperienza fisica per sua natura è molto più coinvolgente, per il semplice fatto che include una stimolazione sensoriale che l’online non può generare.

Tuttavia, esperienze sensoriali soddisfacenti, sono sempre più difficili da creare, con i consumatori che diventano sempre più esigenti, fattore che ha svantaggiato il traffico in store. Tra gli elementi che rovinano l’esperienza di acquisto in un negozio fisico si distinguono: l’attesa nelle operazioni di check out, la mancanza di informazioni e, in minor misura, problematiche di prezzo o assortimento.

Asimmetria informativa

Capgemini sottolinea anche come esista comunque un divario tra fisico e online, che mette quest’ultimo in vantaggio. I fattori sono molteplici, ma uno degli aspetti che richiede un maggiore lavoro di sviluppo è l’asimmetria informativa. La “product information” che garantisce l’online, tuttavia può essere raggiunta anche in store con le tecnologie opportune. Chioschi e punti di contatto nel punto di vendita possono dare esattamente le stesse informazioni presenti online, anzi con una contestualizzazione maggiore di quanto si ottenga con uno smartphone.

Capgemini traccia l’impatto sulle vendite

Per rispondere alle nuove esigenze del consumatore, dunque, la componente umana deve essere affiancata dalla tecnologia. Quest’ultima, permette di automatizzare in modo intelligente molte attività instore del consumatore e permette al retailer di costruire una squadra di addetti più competente e pronta nel dare soluzioni.

I risultati di Capgemini dicono che i retailer che hanno adottato sistemi di automazione del punto vendita hanno riscontrato l’11% di vendite in più rispetto agli store che non hanno implementato tecnologie di questo tipo.

Efficienza ed esperienze coinvolgenti

I settori del retail più promettenti in termini di evoluzione smart si dividono al momento in due filoni. Il primo è quello del mass market, composto dai retailer del food e del grocery, che guardano all’automazione principalmente come una possibilità di risparmio, recupero di efficienza e riduzione del personale.

Il secondo comprende le aziende retail premium come quelle del fashion, che ragionano più nella logica di creare un’esperienza maggiormente avvincente in modo da trattenere il cliente nel punto di vendita. Quest’ultimo, è il trend che secondo Capgemini caratterizzerà maggiormente il futuro.

Intelligenza Artificiale

A breve termine ci sarà un continuo percorso di consolidamento delle tecnologie che attualmente sono già presenti nei punti di vendita. Soprattutto sulla parte di product information e store navigation.

Su questo percorso di trasformazione, le previsioni indicano che l’intelligenza artificiale (IA) è la tecnologia che avrà più impatto sia sull’eCommerce, secondo Gartner, sia sul commercio in store, per quest’ultimo la realtà aumentata avrà probabilmente un ruolo centrale nell’innovazione dell’esperienza in negozio.

E per quanto riguarda la privacy?

La ricerca Capgemini ha fatto emerge che un numero rilevante di consumatori, il 59%, vuole preservare la propria privacy. Quindi tecnologie come il riconoscimento facciale o assimilabili, almeno in Europa e Usa, sarebbero implementabili facilmente ma non altrettanto facilmente accettate.

“L’identificazione è un fattore chiave nel miglioramento dell’esperienza, ma occorre saperla gestire in modo discreto compatibilmente con le attese del consumatore” ha spiegato Gerardo Ciccone, direttore Mals & Cprd di Capgemini Business Unit Italy, intervistato dal magazine Mark Up. Il riconoscimento facciale, comunque, nell’indagine di Capgemini non è gradito ai consumatori (59%) e nemmeno in particolar modo ai retailer (23%).

Altre evidenze dello studio di Capgemini

Il 60% dei consumatori intervistati da Capgemini dichiara di essere maggiormente favorevole ad acquistare online dai merchant che consentono di gestire i resi nel punto vendita fisico attraverso tecnologie di automazione. La stima di incremento degli acquisti è del 22%.

Il 75% dei retailer ritiene che l’automazione possa incrementare la sostenibilità del punto di vendita, mentre i consumatori sceglierebbero preferibilmente smart store dotati di tecnologie che riducono gli sprechi alimentari (69%), i materiali di consumo come gli scontrini cartacei (63%), che migliorano l’efficienza energetica (58%) e forniscono informazioni sulla sostenibilità dei prodotti (52%).