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L’importanza del motore di ricerca interno per uno shop online, il caso Cvetta

L’importanza del motore di ricerca interno per uno shop online, il caso Cvetta

Nella cornice dell’ultima edizione del Meet Magento Italy, Dcommerce ha avuto la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con Marco Macari, presidente e ceo di ITTWEB, progetto fondato nel 2000 dallo stesso Macari e da Massimo Frisoni con l’intento di fornire a multinazionali e PMI consulenza e tecnologia sui mondi IT e delle telecomunicazioni del terzo millennio. Una visione ambiziosa che col tempo ha portato ITTWEB ad essere protagonista in numerosi ambiti che vanno dal CRM all’ecommerce, dalla realizzazione di progetti web e mobile ad attività di email marketing e social media marketing, dal cloud computing alla virtualizzazione, dal VoIP alla Unified Communication e Zimbra.
La chiacchierata, avvenuta fra gli stand degli sponsor e dei partner dell’evento organizzato da Webformat, si è focalizzata in particolare su una delle soluzioni di punta di ITTWEB, ovvero il motore di ricerca interno Cvetta. Con Macari abbiamo parlato di come è nata l’idea di Cvetta, di come funziona, ma anche del ruolo dei motori di ricerca interni nel settore Retail, dell’uso di nuovo tecnologie e di possibili idee future nel mondo dell’ecommerce.
Cos’è Cvetta, come nasce e quali sono i suoi servizi?
Cvetta è un motore di ricerca interno per i siti di ecommerce. L’idea nasce per un’esigenza di base e cioè avere un sistema di ricerca che permettesse di trovare un prodotto nel modo più semplice e facile possibile. Tutti siamo abituati a cercare un prodotto con una semplice ricerca online, con Google o con Amazon, nonostante molti passi in avanti uno dei limiti dei motori di ecommerce, anche di fascia middle enterprise come Magento, è quello di presentare un motore di ricerca interno molto debole. Di solito non si riesce a trovare il prodotto che si cerca e le statistiche di mercato avvertono che alla terza ricerca fallita il cliente abbandona il sito e si rivolge ad altri player. Avere una ricerca che funzioni significa quindi avere un sito che vende, un sito che aumenta il fatturato. Proprio da questa esigenza è stata creata una nuova generazione di prodotti in grado di risolvere questi problemi e potenziare la ricerca sul sito, tra questi prodotti, circa sette anni fa, è nato anche Cvetta. Nello specifico, il prodotto è nato da un progetto italiano molto importante nel mondo dell’elettronica di consumo e da questo è stato poi industrializzato per essere reso compatibile con i CMS più importanti, come Magento o Prestashop, ma che con una certa facilità può essere integrato con qualunque motore CMS esistente.
Qual è oggi l’importanza di un motore di ricerca interno per uno shop online?
L’importanza è data dai risultati: su un sito di ecommerce che funziona almeno il 40% degli utenti inizia la sua navigazione partendo dalla barra di ricerca. Più o meno la metà degli utenti tenta quindi di cercare un prodotto in questo modo invece di sprofondare nel click delle categorie. Se la ricerca funziona, l’utente che trova un prodotto cercando dalla barra di ricerca libera sarà molto predisposto all’acquisto, chi invece non trova il prodotto tendenzialmente abbandona anche il sito. Questo perché oggi, soprattutto durante gli acquisti online, gli utenti prendono decisioni sempre più rapide e quindi è fondamentale fornire delle risposte altrettanto veloci. Avere un motore di ricerca funzionante si traduce dunque in un fatturato diretto, in caso contrario si traduce in una perdita: nel 98% dei casi se un utente non trova il prodotto al terzo tentativo abbandona il sito, questo significa solo una cosa, che il motore di ricerca per uno shop online è fondamentale.
L’utente è poi abituato a ricerche come quelle di Amazon…
Sì infatti, l’utente è abituato a quel tipo di ricerca che è una ricerca davvero potente. Estremizzando, Amazon oggi potrebbe cambiare la sua Home Page e presentarla simile a quella di Google, con una barra di ricerca e basta, e probabilmente anche in questo modo convertirebbe esattamente quello che converte oggi in termini di fatturato. Il problema è che l’utente, abituato alla pertinenza dei risultati di ricerca di Amazon, si aspetta di trovare la stessa pertinenza anche su siti meno importanti e che la user experience sia identica. Questo ovviamente non accade nella maggioranza dei casi, non possiamo imitare le funzionalità di Amazon, che altrimenti non sarebbe Amazon, tuttavia l’obiettivo è quello di arrivare a proporre un risultato che si avvicini il più possibile a quello ottenuto da un motore di un marketplace come quello del gigante di Jeff Bezos.
Che tipo di investimento deve affrontare un punto vendita per usufruire dei vantaggi offerti dai motori di ricerca interni, e nello specifico quelli di Cvetta?
Solitamente per ottenere questo tipo di risultati gli approcci sono due. Uno è acquistare dell’expertise in casa, ovvero sfruttare il lavoro di ingegneri che realizzano un motore di ricerca integrato con la propria piattaforma ecommerce. Questa operazione da una parte ha dei costi elevati e dei tempi molto lunghi, dall’altra permette di avere un prodotto molto sartoriale. Partendo invece da un prodotto come Cvetta, che di fatto è un software as a service, in pochi giorni o addirittura ore il motore di ricerca è pronto e il costo è parametrato all’uso del prodotto. Questo significa che nel nostro modello di business il cliente paga in base al numero di prodotti da indicizzare e al numero di richieste che fisicamente registra. Tutto ciò comporta che più la gente cerca, più compra. Il costo di Cvetta è dunque direttamente proporzionale all’aumento delle vendite del sito. C’è però un altro vantaggio nell’uso di prodotti come quello di Cvetta. Aziende come la nostra hanno centinaia di migliaia di clienti che permettono di raccogliere un’enorme quantità di dati in grado di istruire in modo efficace il motore di ricerca. Oggi, il motore di ricerca deve avere una sorta di intelligenza artificiale al suo interno, devo essere quasi predittivo, capire quali sono le intenzioni di acquisto di un potenziale cliente e proporre dei prodotti compatibili con quello che questo sta cercando. Quasi come un commesso vero e proprio, che capisce i nostri gusti facendo delle domande e inizia a proporre dei prodotti secondo i gusti che ha individuato. Per introdurre un’intelligenza artificiale all’interno dei motori di ricerca serve però una tecnologia che non è alla portata di tutti ma soprattutto serve una base di dati e di informazioni molto ampia in modo da istruire le macchine virtuali. Se sei un singolo cliente con un singolo sito, a meno che non ti chiami Coca Cola, probabilmente non hai quel volume di ricerche necessario per istruire in modo efficace le learning machine. Andare in outsourcing con questo tipo di prodotti su un fornitore esterno è ormai una scelta quasi obbligata.
E questo tipo di mappatura permette a Cvetta di aiutare il punto vendita, tramite analytics ad esempio?
Sì! Da una parte il consumatore vede una cosa, che è ciò di cui abbiamo parlato fino ad ora, dall’altra c’è quello che vede il merchant. Nel caso di Cvetta dal lato merchant c’è un back-office con un suo analytics che fornisce delle informazioni che di solito non vengono tracciate con Google Analytics. In realtà queste informazioni si potrebbero tracciare ma la nostra esperienza ci insegna che solitamente un merchant che usa Google Analytics non arriva a tracciare in modo specifico ciò che avviene nella ricerca libera, analizza un comportamento generale della pagina ma non analizza nello specifico la ricerca. Quest’ultima operazione è invece importantissima perché aiuta a individuare anche quei prodotti che ad esempio producono zero risultati nella ricerca o che vengono cercati ma che non sono presenti all’interno dello store. Se alla fine del mese il merchant vede che ci sono mille ricerche fatte su un tipo di prodotto che lui non possiede può decidere di comprarlo, o comunque di continuare a non averlo, oppure, come è successo nel nostro caso, alcuni clienti avevano dei prodotti compatibili e quindi abbiamo affinato la ricerca in modo da proporre dei risultati simili al prodotto cercato. Seguendo questo metodo alcuni store hanno aumentato di diverse centinaia di migliaia di euro il loro fatturato. In Italia abbiamo avuto un caso molto importante nel settore dell’abbigliamento, il negozio si chiama Moto Abbigliamento, dove affinando i risultati di ricerca e mostrando dei prodotti simili rispetto a quelli cercati dagli utenti siamo riusciti a generare delle conversioni di decine ma anche centinaia di migliaia di euro in più rispetto a quello che il sito già fatturava di suo.
In quanto tempo si ottengono risultati del genere?
Il risultato è quasi istantaneo. Il back-office di Cvetta mostra i risultati entro le 24 ore, anche se non sono molto indicativi ovviamente, già dopo un mese dall’attivazione però è possibile avere una base di informazioni interessante per cominciare a capire come si comporta l’utente sul sito e se trova prodotti in modo efficace. Una ricerca, ad esempio, può generare troppi risultati che comunque è un problema: se una parola mostra troppi prodotti è come non mostrare niente, avere una ricerca che mostra 20.000 prodotti è poco interessante, come ovviamente è altrettanto poco interessante mostrare zero risultati (ride).
Cvetta
Qual è il cliente medio che si rivolge a Cvetta? C’è un prototipo?
Il cliente medio è chiunque, il cliente che ottiene risultati è invece l’aspetto più interessante! Il costo di Cvetta, essendo parametrato al numero di prodotti e al numero di richieste, ha una fee d’ingresso che a mio parere è sostenibile anche da un piccolo store, la verità è che si tratta di un prodotto che di fatto è uno strumento di marketing. Tipicamente questi strumenti forniscono dei risultati con un volume di ricerca elevato, per quanto mi riguarda devi avere almeno 100.000 visitatori al mese, se sei uno store che fa questi numeri allora con Cvetta, a costi relativamente bassi, è possibile ottenere dei risultati interessanti in termini di conversione. Ci sono anche dei casi particolari, di siti che con 30-40.000 visitatori al mese hanno ottenuto dei risultati eclatanti, ma sono delle eccezioni.
Qualche caso in particolare?
Sì, mi viene in mente il caso di uno store specializzato nella vendita di prodotti di arti marziali, prodotti che non si trovavano facilmente secondo la ricerca standard Magento, questo perché quando si parla di prodotti molto tecnici capita che si conosce il nome esatto del prodotto e non lo si trovi. Quando siamo entranti in contatto con questo sito registrava un fatturato veramente basso, parliamo di 45.000 euro annui di fatturato. Attivando Cvetta, in pochi mesi, il fatturato è raddoppiato. Da 45.000 euro è passato a circa 80.000 euro e considerando che Cvetta è costato allo store qualche centinaio di euro direi che è andata bene (ride). In quel caso lo store ha registrato con Cvetta quasi il 100% di fatturato in più, ma come detto si tratta di un’eccezione, la nostra media, su un sito che funziona bene, parla invece di conversioni pari al 4%, in alcuni casi siamo arrivati anche al 18% e tendiamo anche al 20% con alcuni store.
Il motore di ricerca può essere utile anche all’interno di uno negozio fisico? Da un touch point digitale ad esempio?
Sì, probabilmente oggi il mercato non è ancora maturo per questo tipo di approccio, anche perché nel negozio fisico, seguendo una logica omnicanale, motori di ricerca del genere sono più utilizzati dai commessi del negozio e non dal potenziale cliente. Concettualmente però l’idea è molto interessante e se i retailer investissero un po’ di più nell’installazione di totem o di touch point l’idea potrebbe essere molto molto efficace. Anche perché ci sono molti store, quelli che vendono articoli sportivi ad esempio, che sono molto grandi e spesso la persona si ritrova a girare delle ore prima di trovare un prodotto. Sarebbe bello potere aggiungere alla ricerca l’ubicazione fisica del prodotto e tramite un touchscreen non solo vederlo, ma anche sapere in che corsia del negozio si trovi e in quale scaffale, cosa che potremmo fare con Cvetta perché teoricamente all’interno del motore di ricerca possiamo indicizzare qualunque tipo di prodotto. Molto interessante, molto avveniristico ma di difficile applicazione in Italia in questo momento, forse all’estero. Ci sono ancora delle resistenze, un po’ mentali, un po’ economiche, un po’ di budget, però da un punto di vista tecnico l’idea è molto valida, anzi, un motore di ricerca del genere non solo aiuterebbe lo shopper a trovare subito il prodotto che cerca ma darebbe anche un nuovo ruolo al commesso che potrebbe specializzarsi sul prodotto.
Visto il collegamento fatto prima con l’intelligenza artificiale, tra quanto tempo sarà possibile utilizzare appieno questa tecnologia anche all’interno dei motori di ricerca?
Gli Stati Uniti oggi stanno investendo sul mercato IT quasi esclusivamente nel campo dell’intelligenza artificiale, l’intelligenza artificiale è ora! Forse lo è già da 5 o 6 anni per gli specialisti ma solo oggi se ne parla a livello di massa. Prodotti come il nostro, come Cvetta, non si accontentano più di proporre una ricerca full-text ma stanno studiando per offrire una ricerca predittiva. Per offrire un risultato del genere occorre disporre di learning machine, e quindi approcciarsi all’intelligenza artificiale. Ci sono già dei prodotti del genere sul mercato, noi ci arriveremo quest’anno, questi prodotti hanno delle fee di ingresso molto alte e in Italia, nel mondo dell’ecommerce, accedere a queste tecnologie è molto difficile perché il volume del fatturato degli store online è ancora troppo piccolo per giustificare investimenti del genere, all’estero è invece molto più semplice. Secondo dei dati che arrivano dagli USA, si prevede che entro il 2020 le ricerche diventeranno quasi completamente vocali, e ricerca vocale vuol dire sfruttare l’intelligenza artificiale. Forse in Italia non sarà il 2020, forse sarà il 2025 o il 2028, ma da qua a pochissimi anni possedere una piattaforma che non abbia un motore di ricerca semantica o una ricerca che si basi sulle machine learning significherà restare fuori dal mercato. Non solo, secondo me, e spero di non sbagliarmi, in futuro ci sarà una rivoluzione anche da un punto di vista della progettazione dei siti di ecommerce stessi. L’esempio in Italia è Unieuro, anche se di italiano è ormai rimasto solo il logo perché è stato acquisito da un’azienda americana. Nella versione attuale Unieuro è un Cvetta full-screen: c’è l’header con il menù, c’è il footer, e poi c’è il campo “cerca” e quando inizio la ricerca compare un layer a pieno schermo dove di fatto tutto il sito non diventa altro che un grosso motore di ricerca. Il futuro dei siti di ecommerce, soprattutto mobile, dove non c’è neanche lo spazio materiale per presentare i prodotti, sarà questo secondo me: faremo delle ricerche vocali con lo smartphone e lo smartphone ci mostrerà quello che cerchiamo. Semplice ed efficace.
State pensando di esportare i servizi di Cvetta fuori dall’Italia?
Sì, ci abbiamo già pensato in realtà. Senza svelare troppo, al momento stiamo lavorando sul rebranding che abbiamo affidato a un’agenzia statunitense. Ci siamo resi conto infatti che in inglese non è facile pronunciare il nome Cvetta correttamente, inoltre i paesi anglofoni tendono a tradurre il nome civetta con quello di gufo che non è proprio la stessa cosa insomma, soprattutto in Italia (ride). A breve comunque rilasceremo qualche notizia in più.