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L’ABC dell’Influencer Marketing con Rudy Bandiera

L’ABC dell’Influencer Marketing con Rudy Bandiera

L’Influencer Marketing è una forma di marketing basata sull’influenza che alcuni personaggi esercitano sul potere d’acquisto di altri, detti follower, che seguono sui principali social network o sul sito ufficiale l’influencer di riferimento. Questa è una fredda definizione, vera ma che si perde il senso vero dell’essere influencer che è in primis la capacità di creare attorno alla propria figura una piccola o grande community di appassionati.

Oggi cerchiamo di andare oltre la semplice definizione di influencer marketing e capire bene di cosa si tratta e di come possiamo applicarla come strategia digitale. Tutto questo con il prezioso aiuto di Rudy Bandiera e gli chiederemo naturalmente di svelare tutti i suoi segreti.

Rudy Bandiera e Riccardo Scandellari - fondatori di NetPropaganda
Rudy Bandiera e Riccardo Scandellari – fondatori di NetPropaganda

Rudy Bandiera, ferrarese, noto influencer e consulente Web, è anche docente di online marketing in rinomati master universitari e aziende. Ha tenuto lezioni e seminari in realtà importanti come IED, Ca’ Foscari a Venezia, Alma Mater a Bologna e all’Università di Ferrara.

Rudy ha preso parte a decine di eventi prestigiosi come TEDx Bologna e TEDx Roma, ha parlato al Senato della Repubblica e alla Camera dei Deputati, oltre ad aver partecipato ad eventi di grandi e importanti aziende come Google, Accenture, Oracle, Randstad, Confindustria, Juventus, Scuderia Toro Rosso F1 e Zurich.

Anche autore, il suo terzo libro – Condivide et impera. Convinci con il cervello, persuadi con il cuore e influenza per come sei – parla proprio del mondo dell’influencer marketing.

Una lettura consigliata per chi vuole diventare influencer e per chi ha bisogno di capire di più tutte le diverse sfaccettature di questo mondo.

Rudy Bandiera, anche autore di libri sul digital marketing
Rudy Bandiera, anche autore di libri sul digital marketing

D: Qual è il primo step che un’azienda dovrebbe fare per lavorare con un influencer e proporgli una campagna? Come si può individuare la persona giusta di riferimento per il mio target ?

Credo che la prima cosa da fare sia capire davvero cos’è un influencer e cosa fa. Il mio primo consiglio è quello di abbandonare tutti i pregiudizi che ci sono attorno a questo argomento. L’approccio ideale è sempre quello di formarsi e informarsi prima, leggere libri sull’argomento, possibilmente che riescano a spiegare bene che cos’è un influencer e che cos’è l’influencer marketing, ce ne sono diversi che parlano bene dell’argomento.

É importante studiare il fenomeno degli influencer perché spesso, quando affronto il tema, la gente subito storce il naso e archivia l’argomento come semplici ragazzini che si fanno i selfie in spiaggia senza alcuna ratio. Inutile sottolineare quanto questa visione sia superficiale, non è assolutamente così.

D: Partiamo quindi dalle basi. Cos’è un influencer e cosa fa?

cosa fa l'influencer
Un influencer diventa un opinion leader di un determinato settore

Un influencer è un individuo – uomo o donna che sia – di qualunque età, non è necessariamente un giovanissimo, altro pregiudizio, che è esperto verticalmente di un settore. Ci sono diversi motivi per cui una persona è esperta di un argomento, perché ci lavora ad esempio, perché è un argomento che ha studiato all’università o, più semplicemente, è un appassionato da sempre e quindi ha passato anni a focalizzarsi su quel determinato argomento ed è diventato esperto negli anni generando contenuti.

L’influencer diventa quindi un opinion leader su questo determinato argomento in virtù del fatto che i contenuti che crea generano interesse e vengono considerati di valore dal suo pubblico. La creazione di contenuti di valore costanti nel tempo porta all’influencer un aspetto fondamentale, la credibilità.

Ci sono influencer nei più disparati settori, ci sono influencer che si occupano di moda, cinema, automobili, tecnologia, videogames, software e qualsiasi altro argomento. Ho individuato persino degli influencer nel settore della logistica.

D: Qual è la differenza tra un esperto di un determinato argomento e un influencer?

La differenza sostanziale è che uno che si intende di qualcosa può lavorare o fare un’attività che attiene al settore di competenza. Un Influencer invece è una persona che comunica su questo argomento con altre persone che sono interessate, a diversi gradi, di questo stesso argomento. Quindi l’individuazione degli influencer parte dal concetto fondamentale che sono individui che comunicano.

come scelgo un influencer
L’influencer comunica con il proprio pubblico riguardato un dato argomento

Dopo aver capito cos’è un influencer e cosa fa, lo step successivo è quello di capire dove sono e imparare anche a misurarli. Questa è una cosa fondamentale.

D: Quando una persona si può definire influencer? Quali sono gli aspetti da considerare?

Esistono dei tool e dei sistemi per misurare quanto qualcuno può essere influente anche perché, quand’è che qualcuno è davvero influente? La risposta più ovvia è quando è in grado di influenzare. Non è esattamente così perchè allora anche mia moglie è un influencer.

Ci sono tre elementi fondamentali da valutare e considerare quando si parla di influencer. Il primo aspetto è naturalmente la popolarità, ma non può essere il solo elemento discriminante. Una persona può essere popolare senza essere influencer, le piattaforme social si popolano di tantissimi personaggi che vengono seguiti per la tipologia dei propri contenuti, ma non necessariamente per la loro qualità.

Posso seguire su Twitter un personaggio che reputo divertente, in alcuni casi persino ridicolo, ma che non è assolutamente in grado di influenzare i miei comportamenti o acquisti.

La popolarità è un aspetto importante da valutare per un influencer

Ho anticipato prima il secondo aspetto, che è la credibilità. Creare contenuti ritenuti di valore genera nel proprio pubblico interesse, ma anche fiducia in quello che l’influencer esprime, fiducia nelle sue opinioni, che diventano, appunto, credibili.

Quindi i tre principali aspetti per valutare quando e quanto un personaggio è influente sono:

  • la credibilità,
  • la popolarità,
  • l’engagement,

L’engagement si misura in quanto sei in grado di far fare qualcosa agli altri. Facendo un veloce esempio, se ho un milione di follower e voglio vendere delle magliette sul mio ecommerce, ma nessuno di loro acquista una delle mie magliette posso definirmi un influencer?

La formula perfetta quindi per trovare il giusto influencer per il tuo ecommerce è quello di trovare una persona credibile, popolare e in grado di creare engagement nella sua nicchia.

D: Parlando di piattaforme, ci sono influencer sulle più svariate piattaforme. Facebook, Instagram, Twitch, Tik Tok. Un ecommerce dovrebbe scegliere un influencer anche in funzione della piattaforma?Meglio scegliere un influencer di una piattaforma dove l’azienda è già presente o dove l’azienda non è presente?

Un esempio di influencer marketing con video dirette
Un esempio di influencer marketing con video dirette

Per me dipende solo dal target, non dall’andare a coprire delle mancanze o dei vuoti di presenza. Se io ho un ecommerce che vende ciabatte elettriche di tutti i tipi quale sarà il mio target?

Non è certo un target specifico, nel senso che tutti hanno bisogno di ciabatte per mettere le prese. Quindi ho bisogno di coprire il target più ampio possibile, qualsiasi genere, di età che va dai 15 anni ai 65 anni, in pratica potenzialmente tutti.

Quindi in questo caso il mio canale preferenziale potrebbe essere Facebook. Se intercetto la persona che si occupa di hobbistica e consigli per la casa su Facebook, per esempio fa recensioni o comparazioni di prodotti, ho già fatto bingo, al di là del fatto che io – come azienda – sia o meno presente su quel canale.

Poi è ovvio che se individuo un canale, che è il canale preferenziale del mio target, è fondamentale esserci però in questo caso stiamo parlando in un’ottica di influencer marketing, quindi posso andare a colpire anche canali dove non ho una presenza forte come azienda.

Questo esempio forse è ancora più chiaro, se vendo console per videogame o joypad per videogame, il canale perfetto sarà Twitch.
Magari come azienda non ho un canale o non sono molto attivo su Twitch perché non so che cosa streammare, ma vado a individuare quali possano essere le persone più seguite dal mio target.

Quindi non è un discorso di quanto sono o meno forte su un canale, ripeto, è semplicemente una individuazione di un target. Non va a sostituire la nostra presenza.

D: La differenza tra micro e macro influencer è importante nella scelta della persona con cui collaborare? Quale tipologia di influencer conviene scegliere?

Dipende. Dipende moltissimo dal budget che si ha e dagli obiettivi che si vogliono raggiungere. Non è solo una questione di numeri. Facendo un esempio, un influencer ha 100.000 mila follower che però sono fortemente influenzati da quello che dice, un altro influencer ne ha 600.000 ma solo una piccolissima parte segue effettivamente i suoi consigli.

Ecco perché prima parlavo di engagement, della capacità di far fare qualcosa al proprio pubblico, di influenzare i comportamenti appunto. Popolarità, credibilità ed engagement sono tre variabili che non possono essere separate. Il numero in questo caso ci interessa fino ad un certo punto, dobbiamo farci delle domande diverse.

D: Se voglio iniziare una attività di influencer marketing, quali sono le domande che devo pormi?

Che ritorno possiamo avere da questo tipo di attività? Quale obiettivo ci interessa raggiungere? Brand awareness? Un maggiore numero di acquisti?

Queste solo le domande che dobbiamo farci prima di impostare la strategia e di fare la scelta della persona giusta. Tutto dipende dalle risposte che diamo a queste domande. L’ecommerce è interessato a fare un’attività di awareness cioè solo far conoscere il brand ad un pubblico il più vasto possibile? Allora l’obiettivo da raggiungere è la copertura e non necessariamente la conversione.

Leonardo Bonucci e Rudy Bandiera (Photo by Filippo Alfero/Getty Images for Randstad)
Leonardo Bonucci e Rudy Bandiera (Photo by Filippo Alfero/Getty Images for Randstad)

Io sto facendo tantissime attività di influencer marketing ultimamente, sto lavorando quasi solo come influencer. L’azienda che decide di rivolgersi a me, anche se è interessata a fare awareness, non ottiene solo la copertura di persone che mi seguono e vedono i miei contenuti. Da valutare c’è anche quante persone atterrano effettivamente sulle landing page.

D: Un ecommerce che vuole fare una campagna di influencer marketing per vendere un prodotto o una linea di prodotto che cosa deve misurare?

In quel caso si cerca la conversione e non necessariamente di copertura. Nulla vieta però anche a chi è interessato alla vendita di rivolgersi a influencer con un pubblico più ampio, dipende tanto anche dal budget che siamo disposti ad investire in questa attività.

Esistono anche molte agenzie che si occupano di influencer marketing oggi, si può anche pensare di approcciarsi a un’agenzia che si occupa proprio di fare da tramite tra influencer ed aziende.

Perchè ho parlato di budget? Perchè se una azienda è interessata a collaborare con Favij e si rivolge ad un’agenzia, la richiesta per quella campagna sarà di ventimila euro, per questo è tutto da valutare.

Se sono un’azienda che vende auricolari, quanti auricolari da tre euro devo vendere per coprire questo investimento? Se però l’obiettivo principale è fare awareness, un altro calcolo molto importante è fare il rapporto in budget pubblicitario. Quanto mi costerebbe arrivare a tutte le persone a cui arriva Favij tramite i classici canali pubblicitari?

D: Tornando ai macro e micro influencer, superato un certo livello di follower il tasso di engagement scende e questo può influire naturalmente anche sul ROI delle nostre campagne tanto che a volte le aziende preferiscono lavorare con una serie di micro influencer. Perché si registra questa disparità a livello di engagement?

Ci sono diversi aspetti da valutare in merito a questo fenomeno, prima di tutto c’è proprio il funzionamento degli algoritmi. All’aumentare del numero di persone che ti seguono diminuisce la portata organica dei tuoi contenuti quindi se ti seguono in cento ti leggono in 10, se ti seguono in mille ti leggono in 7, se ti segue un milione di persone ti leggono in 3.

Gli algoritmi determinano diversi aspetti dell'influencer marketing
Gli algoritmi determinano diversi aspetti dell’influencer marketing

Tutto è sempre proporzionato al numero di persone. Quindi è ovvio che aumenta la copertura, ma diminuisce in proporzione al numero di persone che ti seguono. Quindi chi ha meno follower ha più possibilità di arrivare a tutti i propri follower anche se non sono mai tutti.

Oltre a questo si aggiunge il fatto che spesso chi è un micro influencer ha una conoscenza diretta delle persone con cui parla. La conoscenza può essere anche solo sui social o comunque virtuale, ma significa che si parla e si discute da anni, quindi si instaura un rapporto completamente diverso, più diretto e personale.

Per esempio Cristiano Ronaldo ha 244 milioni di follower su Instagram. Io non credo li conosca personalmente, non dico tutti, ma nemmeno in una piccola percentuale. Questo è un esempio esagerato naturalmente, però se si parla di vendere un prodotto o un servizio è meglio iniziare con cinque influencer piccoli con un significativo impatto sui propri follower piuttosto che uno grosso a parità di copertura, proprio per una questione di trust e credibilità.

Certo che se abbiamo il budget per arrivare a Chiara Ferragni va benissimo e non c’è niente di sbagliato nel collaborare con un macro influencer. Anzi.

D: Abbiamo parlato dei micro influencer, ma i cosiddetti macro influencer invece, quali sono i vantaggi di collaborare con uno di loro? Prendiamo pure Chiara Ferragni come esempio.

Voglio fare anche in questo caso una premessa importante perché su questo aspetto ci sono degli enormi pregiudizi.

Spesso sento un po’ sminuire il concetto di queste collaborazioni, prendiamo un esempio semplice, la classica azienda che opera nella moda e nel fashion. La casa di moda manda all’influencer con cui collabora vestiti, scarpe e accessori, l’influencer crea l’outfit e si fa le foto. Questo è il succo della collaborazione. Non è così che funziona e non è questo il valore aggiunto.

La collaborazione va vista come vasi comunicanti della reputazione. Un concetto che spiego nel mio terzo libro – Condivide et impera – che parla proprio di questi temi.

Condivide et impera, terzo libro di Rudy Bandiera
Condivide et impera, terzo libro di Rudy Bandiera

Prima di tutto dobbiamo chiederci, tra azienda e influencer chi dei due ha una maggior reputazione? Se la maggior reputazione ce l’ha l’azienda allora l’azienda può dare i prodotti all’influencer, che sarà ben felice di provarli, testarli, fare una recensione, fare le foto e mostrare il contenuto ai propri follower.

Se invece l’influencer è Chiara Ferragni e l’azienda è la sartoria X di Ferrara, l’interesse ad arrivare al pubblico di Chiara Ferragni è tutto della sartoria. In questo caso è chiaro che ci deve essere il corrispettivo. Tutto dipende da questo meccanismo di vasi comunicanti della reputazione. Più è alto il dislivello di reputazione tra le due parti e più è alto il prezzo per la collaborazione perché maggiore è il valore che ne guadagni.

D: Qual è il principale errore che le aziende fanno quando cercano di approcciarsi ad una collaborazione con un influencer?

L’influencer è un creatore di contenuti, uno degli errori più grossi che possono fare le aziende quindi è quello di cercare di influenzare il tipo di contenuto.

Il problema di partenza è che, spesso, le aziende credono di comprare una vetrina dove poter esporre quello che vogliono e come vogliono. Non è così, la realtà dei fatti è che comprano la visibilità di una persona sul pubblico che quell’influencer è riuscito a crearsi col tempo.
L’azienda non può, e soprattutto non deve, pretendere di fare la creatività che desidera. La comunicazione aziendale su un individuo non funziona.

Il consiglio che mi permetto di dare quando un’azienda vuole approcciarsi a questo mondo è quello di lasciar libero questo professionista, lasciarlo libero di creare. Permettergli di fare comunicazione nel suo tono e nella sua modalità. Perché se l’azienda gli impone di farlo nella propria perde l’unica cosa che sta comprando, la sua credibilità. E questo non va bene per nessuno dei due.

Rudy Bandiera e Linus
Rudy Bandiera e Linus

D: Cosa deve fare l’azienda allora, dare un brief all’influencer? Perchè a livello di comunicazione aziendale ci saranno sempre dei canoni o – almeno – dei paletti da tener presenti.

Certo, qualche direttiva di base deve esserci perché il messaggio deve essere chiaro. Ad esempio, ci sono una coppia di YouTuber che io amo follemente e che si chiamano Quei due sul server. Stupendi. All’interno dei loro contenuti a volte fanno delle attività di influencer marketing, ma a modo loro.

L’attività di marketing è palese ma è integrata perfettamente con il loro tono e modo di fare. In questo caso è chiaro che l’azienda li contatta, si concorda un messaggio e un budget, poi vengono lasciati liberi di interpretare questo messaggio nel loro modo di comunicare, non in quello dell’azienda.

Faccio un altro esempio che conoscono tutti. Rovazzi. Rovazzi è proprio un altro livello, ma non è che le aziende contattano Rovazzi e gli mandano il copione delle cose che deve fare e dire. Un messaggio e un budget è tutto quello che gli serve. È così che funziona.

Io adesso sto facendo attività con Paypal che non mi ha certo detto cosa fare. Stessa cosa con Credem. L’altro giorno ho fatto un video, tutto quello che hanno fatto è stato mandarmi due righe di spiegazione sul tipo di messaggio che volevano far passare e nessun’altra indicazione.

Questo vale per qualsiasi attività che coinvolga professionisti, se vuoi o devi dire nei minimi dettagli quello che deve fare il professionista, non ti serve un professionista. Se hai una squadra di calcio e compri un top player non è che gli dici come deve tirare le punizioni, gli dai gli schemi che riguardano la squadra certo, ma poi entra in campo la sua creatività. Come muove il pallone, come lo calcia, a chi lo passa, come segna… sono frutto del suo genio.

D: L’influencer marketing è cresciuto tantissimo in questi ultimi anni, anche e soprattutto in un periodo così particolare come quello che stiamo affrontando in questo momento. Quali settori o mercati hai visto emergere maggiormente nel digital e nell’influencer marketing?

Il food tantissimo, ma in realtà è cresciuto un po’ tutto. La verità è che quello che non siamo riusciti a fare noi che ci occupiamo di comunicazione nei dieci anni precedenti, lo ha fatto la pandemia in due mesi.

Ci siamo tutti accorti che bisogna avere una solida presenza online per farsi conoscere, promuovere i propri servizi e vendere i propri prodotti. Non parlo solo delle piccole realtà, ma anche i colossi si stanno muovendo sempre di più in questa direzione. Facebook con il suo Marketplace, Instagram con sempre più feature per gli ecommerce. Sono solo due esempi.

Shopping online e consegne a domicilio sono cresciute in modo esponenziale
Shopping online e consegne a domicilio sono cresciute in modo esponenziale

Food e fashion sono i grandi esempi, ma non ci sono solo questi settori. Ho notato con interesse anche l’emergere del mondo sommerso dei gamers, non tanto con articoli strettamente collegati al gioco, come i videogame e affini ma anche tutto il filone dell’oggettistica legata a questo mondo.

Per esempio, io non sono un gamer ma ho una poltrona da gamer. Questo è solo un esempio, possiamo allargare questo settore a tutto il mondo dell’intrattenimento domestico, attorno al quale c’è tantissima attenzione.

Sono cambiate tanto le nostre abitudini quotidiane personali e lavorative, per questo si è visto il boom dalle webcam, delle luci a LED passando per tutta l’attrezzatura di qualità che serve per comunicare con gli altri pur stando in casa.

D: Quali sono le KPI più importanti da tenere in considerazione per valutare la campagna che ho posto in essere? C’è la vendita naturalmente come conversione, ma non è l’unica metrica che ci deve interessare.

Tutto dipende dagli obiettivi preliminari che ci siamo dati e che volevamo raggiungere con questa campagna. Su questo aspetto l’attività di influencer marketing non è diversa da una qualsiasi attività di marketing. Ti prefiggi degli obiettivi e fai in modo di poter tracciare le conversioni effettuate per poter valutare la campagna.

Bisogna sempre parlare di conversioni, non solo di vendita. Per esempio, se io vendo software che costano 100.000 euro di licenza non posso pensare di venderne come un qualsiasi prodotto di un ecommerce. La mia conversione principale sarà il riuscire a generare contatti profilati che poi verranno contattati dai consulenti per poi finalizzare la vendita.

L'analisi dei dati è un aspetto cruciale del funzionamento delle campagne di marketing
L’analisi dei dati è un aspetto cruciale del funzionamento delle campagne di marketing

Ci sono molteplici conversioni da monitorare e tenere in considerazione, le visite al sito, l’interazione che c’è stata con la landing page, il contatto che può essere un indirizzo email o un numero di telefono fino, naturalmente, alla vendita. Tutto deve essere tracciabile e tracciato.

Da questo tipo di attività è possibile creare un database profilato ad esempio. Se la mia attività di influencer marketing porta 100 o 1.000 persone su una landing page, l’attività non si chiude con la visita. Quelle 100 persone o mille persone sono poi tracciate dal pixel di Facebook e di Google e posso andare, ad esempio, a fare remarketing su queste persone. Posso raccogliere gli indirizzi email per fare email marketing.

La cosa fondamentale è capire quanto ti è costata una determinata azione e compararla con gli altri canali di marketing. Rispetto ai media tradizionali è molto semplice tracciare le conversioni.

Se io metto un cartellone per strada come faccio a tracciare le conversioni? Se io faccio una pubblicità in tv? Difficile tracciare ogni singola conversione, mentre in questo campo tutto è tracciabile. A fine campagna hai una spesa e una resa ben identificata. Quello che si chiama ritorno d’investimento e lo fai attraverso i vari rivoli di attività che hai svolto.

Sempre che tu non abbia un’attività di puro branding o di awareness da fare, ma anche in questo caso puoi sempre misurare quanto ti sarebbe costato arrivare a 100 mila persone facendo adv su Facebook, Google o sui giornali.

Rudy Bandiera alla Games week
Rudy Bandiera alla Games Week

D: Le attività con gli influencer possono essere one shot, legate ad un unico prodotto o campagna, oppure a molteplici step con prodotti o servizi diversi o con uno storytelling più lungo che dura diversi giorni. L’approccio in questo caso come lo si decide? È sempre meglio fare un test preliminare one shot?

Per me questo è da discutere con l’agenzia o l’influencer. Ci sono certe attività che è bene portare avanti one shot.

Dipende tanto anche dai progetti a medio-lungo termine che ha fatto l’azienda. Vuole che l’influencer diventi un testimonial, un brand ambassador? Allora sicuramente ha senso progettare una campagna a lungo termine con diversi step e prodotti, ci vuole sicuramente tempo e una bella strategia dettagliata.

Se l’azienda invece vuole che rimanga un influencer separato, estemporaneo che solo in quel momento promuove quel prodotto o servizio allora non vedo problemi nel fare l’attività one shot. Il secondo step si può sempre valutare. Non tutte le aziende vogliono legarsi così tanto ad un unico testimonial, così come non tutti i influencer vogliono legarsi ad una sola azienda.

D: L’attività di influencer marketing è bene comunicarle in piena trasparenza al proprio pubblico?

Se non sono palesi a tutti si, è bene specificarlo. Ti faccio due esempi che mi riguardano direttamente, sto facendo con cadenza regolare dei video utilizzando il mio LinkedIn per Sap e Sas, è chiaro che è un’attività di influencer marketing, non c’è nessuno che può pensare siano attività legate al mio buon cuore.

Però, per esempio, ho recentemente fatto un post in collaborazione con ENI sia sul mio blog che sui social e in fondo ho scritto in collaborazione e ho aggiunto l’hashtag adv.

Rudy Bandiera a un evento
Rudy Bandiera

Diversamente potrebbe esserci un effetto boomerang in negativo, come se fosse il tentativo di mascherare qualcosa, e qui l’influencer perde la sua credibilità agli occhi del pubblico e, di riflesso, anche l’azienda può avere degli input negativi da questa attività.

Un ultimo esempio, Fjona Cakalli è una ragazza bravissima che fa attività di influencer marketing con diverse aziende. Lei ha una tecnica molto furba, crea tantissimi contenuti. Anche 30 post e storie al giorno. All’interno di questo contenuto vengono inserite anche diverse attività di marketing, lei può farlo perché crea davvero tanti contenuti unici al giorno, ma quando il contenuto è sponsorizzato è evidente, è ovvio che sia così, il gioco lo conosciamo tutti.

D: L’influencer oggi è sotto i riflettori, viene a volte criticato come figura eppure ci sono sempre stati. Prima venivano chiamati trendsetter, c’erano le celebrità, i divi di hollywood, la regina Elisabetta. Cosa è cambiato?

Oggi possiamo dire che questo fenomeno è più trasversale, ma anche una volta c’era la fama. Una volta c’erano Corrado e Pippo Baudo che conoscevano tutti e basta. Adesso invece la fama è settoriale e verticale.

Oggi io posso essere famoso nel mio settore, nel digital e nella comunicazione, ma nessuno mi conosce se si occupa di food e viceversa.

Torno nuovamente ai pregiudizi, se non conosci il tal influencer allora non è nessuno. Non è così, è importante che sia conosciuto e seguito dagli appassionati di quell’argomento, non da tutti.

Parlando di target bambini, i Me contro te non è che li conoscono tutti, però sono un fenomeno incredibile a livello nazionale, c’erano le file al cinema per i loro film, ma se non hai a che fare con i bambini è normale che non hai nessuna idea di chi siano.

D: Hai qualche ultimo consiglio da esperto e influencer in prima persona?

Due cose. La prima, ribadisco, non abbiate pregiudizi perché essere esperto e influencer non ha necessariamente a che fare con le qualifiche.

Itunes U ti mette a disposizione le più importanti lezioni delle più famose università al mondo. Gratis. Per tutti. Quindi chiunque può studiare e diventare esperto di un settore, ovviamente parlo di settori in cui non serve una certificazione. Non fare il medico se non sei un medico.

Non c’è il patentino di moda per cui qualche ente certifica che uno si veste bene e un altro no. Si possono trovare degli esperti in ogni settore che hanno studiato e hanno approfondito quelle tematiche, pur non avendo alcuna qualifica o certificazione, quindi non abbiate pregiudizi.

Rudy Bandiera al TEDx Bologna
Rudy Bandiera al TEDx Bologna

La seconda cosa, fondamentale, l’influencer marketing lo fai solo con un ottimo prodotto. Non puoi pensare di proporre un prodotto scarso ad un influencer e pensare che lui ne parli bene e ti faccia vendere.

Prima di tutto devi pensare e ripensare al tuo prodotto, cercare di renderlo ottimo per poi poter sfruttare a pieno le potenzialità di esposizione che l’influencer ti può offrire.

Ringraziamo Rudy Bandiera per questa illuminante intervista, seguitelo sui social per restare in contatto con lui per continuare a seguire i suoi consigli.

Rudy Bandiera – www.rudybandiera.it
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Concludiamo ricordandovi che anche per l’influencer marketing è sempre necessario partire dall’individuazione del giusto target, sarà quindi più facile trovare l’influencer o più influencer di riferimento. Individuate degli obiettivi chiari e misurabili per valutare la vostra campagna e spingete quello che è il prodotto di punta, il miglior prodotto della vostra azienda, non il brutto anatroccolo.

L’influencer marketing deve essere un tassello che si integra in una strategia digitale ben strutturata, solo così potrete ottenere il massimo da questa attività.