dunnhumby presenta oggi lo studio “Il Futuro dei retailer passa dai dati”. L’indagine, condotta da Forrester Consulting, rivela che l’85% dei retailer della grande distribuzione organizzata a livello mondiale non dispone delle giuste capacità, tecnologie, persone e processi per utilizzare strategicamente gli insight al fine di monetizzare i dati e guidare l’esperienza utente in un mercato che vale globalmente 5,9[1] trilioni di dollari.
Nonostante le evidenti barriere, la maggior parte dei retailer globali (85% nel mondo contro 90% in Italia) considera la crescita di fatturato la principale priorità nel 2020, e pianifica di raggiungere l’obiettivo attraverso un miglior uso dei dati per sviluppare strategie orientate ai clienti (84%) e attraverso decisioni di business (82%).
“Molti operatori del comparto della grande distribuzione organizzata lottano per sopravvivere alla luce di una maggiore competizione ad opera di discount, pure player e altri operatori non convenzionali e costi sempre maggiori per lo sviluppo del business che impattano fortemente sui margini” dichiara David Clements, Global Retail Director at dunnhumby. “Abbiamo commissionato questo studio proprio per comprendere meglio perché molti retailer non stanno abbracciando la sfida di generare profitti da nuove fonti, migliorando al contempo l’esperienza utente”.
Secondo un’altra indagine di Forrester del 2018 “L’impatto della Customer Experience sulla crescita del business, in aggiunta, il mancato miglioramento della customer experience (CX) costa alle insegne globali più di 200 milioni di dollari in termini di fatturato.
Le evidenze chiave dello studio:
- Solo il 15% dei retailer della grande distribuzione rientra nella categoria Leader, ovvero quei business che si differenziano per lo sviluppo di strategie consumer data-led per incentivare la crescita e migliorare le relazioni con tutta la filiera. La stragrande maggioranza segue.
Forrester identifica tre livelli di maturità nella GDO: leader (15%), intermedio (55%), prematuro (30%). I leader si differenziano per aver instaurato collaborazioni molto avanzate con tutti i fornitori di prodotto che si esplicitano nella 1) condivisione di data insights sui clienti, 2) fornitura di soluzioni per l’analisi degli insight e la misurazione a supporto del piano media, 3) negoziazione dei retail media placement come parte integrante dei loro accordi quadro annuali. A livello geografico la maggiore concentrazione di leader si riscontra in Italia, Stati Uniti, Brasile, UK e Tailandia, Paesi in cui i retailer hanno iniziato a sviluppare strategie consumer a supporto del business.
- Il 96% dei retailer globali – 95% in Italia – riscontra problemi nell’utilizzare i dati in maniera strategica per sviluppare strategie per i consumatori. Tra i principali ostacoli l’inabilità di armonizzare i dati e dedurre insight dai diversi canali (36%) o di saper sviluppare una visione olistica dell’utente (31%) unita alla mancanza delle necessarie tecnologie e competenze (31%). Il mercato italiano non si discosta troppo da questa visione e tra le principali barriere identificate dai retailer nostrani risultano, in primis, la difficoltà di interfacciare dati interni e esterni (40%). Permane anche in Italia il problema dell’armonizzazione tra canali (33%) – banner, marchi, punti vendita – a cui si aggiungono la mancanza di dati puntuali sui quali costruire azioni concrete (30%) e di un quadro completo dell’utente (28%).
- Gran parte dei supermercati non capitalizza sul potenziale fatturato derivante dai dati sui clienti e dai canali media online e offline. Sebbene il 53% dei rispondenti a livello globale dichiara di utilizzare i dati sui clienti (percentuale più alta di 2 punti percentuali in Italia), meno della metà fa riferimento ad altre fonti.
Di seguito la top 5 tra le fonti più utilizzate dai retailer nel mondo e in Italia:
Fonti utilizzo dati – MONDO | Fonti utilizzo dati – ITALIA |
Dati sui clienti (53%) | Dati sui clienti (55%) |
Social media (49%) | Social media (45%) |
Point-of-sale (49%) | Promozioni (43%) |
App mobile (46%) | CPG (45%) |
Promozioni (46%) | Point-of-sale (40%) |
- La maggior parte dei retailer non monetizza sugli asset media. Solo il 42% ha attivato campagne di branding attraverso il proprio sito e solo il 37% del campione su scala globale sviluppa campagne di media placement in-store o sui propri prodotti editoriali cartacei. Solo il 31%, infine, implementa opportunità di branding tramite app. Fanno eccezioni Paesi come il Brasile (49%), la Cina (47%) e la Spagna (38%) dove le percentuali superano la media mondiale.
- Il 96% dei supermercati che hanno offerto opportunità media ai fornitori di prodotti attraverso le loro app ha registrato un incremento di fatturato negli ultimi 12 mesi, il 40% di questi superando la doppia cifra (10%). A questo si aggiunge che il 92% dei business che hanno inserito campagne promozionali o advertising sui siti dei retailer ha riscontrato crescite derivanti da questo canale.
“La tempestività sarà l’elemento determinante per i retailer della grande distribuzione che, se sapranno gestire e utilizzare in maniera strategica i dati già a loro disposizione, riusciranno a migliorare la customer experience e creare nuove fonti di guadagno per supportare e guidare il business nel futuro” afferma Clements. “C’è un universo ancora inesplorato. Coloro che sapranno sbloccare il potenziale dei loro dati e asset media oltre a consolidare maggiormente le collaborazioni con i fornitori saranno vincenti. I retailer che decideranno di non seguire questo corso faranno molta fatica a rimanere competitivi”.