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Quali sono le fasi per fare risk assessment per la continuità operativa aziendale

Risk assessment per la continuità operativa aziendale

Il risk assessment​ è un metodo strutturato che consente di identificare le minacce che possono compromettere la regolarità delle attività aziendali. È uno strumento operativo essenziale per pianificare la tenuta dell’organizzazione di fronte a eventi avversi. Serve a individuare i punti deboli, stimare le probabilità di accadimento e definire un piano d’azione adeguato. In questo quadro, la continuità operativa dipende dalla capacità dell’impresa di prevedere e reagire in modo tempestivo.

La valutazione è utile sia per le grandi realtà industriali sia per le imprese di dimensioni medie o piccole. Cambiano le proporzioni, ma resta invariato il principio: mantenere la funzionalità anche in condizioni critiche richiede conoscenza approfondita del rischio e strumenti di gestione precisi.

Le 5 fasi fondamentali per un risk assessment​ efficace

Affrontare correttamente la valutazione del rischio richiede un percorso articolato in diverse tappe operative. Ogni fase ha un obiettivo preciso e concorre alla costruzione di una visione d’insieme affidabile. Le cinque sezioni che seguono costituiscono la base per un lavoro strutturato, replicabile e funzionale alla continuità dei processi aziendali.

1. Mappatura dei processi critici aziendali

La prima fase prevede l’analisi dettagliata dei processi operativi. Ogni azienda ha flussi produttivi, commerciali e amministrativi che garantiscono il funzionamento ordinario. Alcuni sono più esposti di altri a interruzioni o malfunzionamenti. Mappare con precisione i processi significa individuare le attività che sostengono l’intero sistema, quelle da cui dipendono forniture, vendite, supporto tecnico o funzioni di sicurezza.

Per esempio, in una realtà logistica, la disponibilità del software gestionale e la funzionalità dei veicoli sono elementi determinanti. In un contesto manifatturiero, lo sono la linea di produzione e l’approvvigionamento di materie prime. La mappatura deve essere svolta coinvolgendo ogni reparto, con dati e osservazioni dirette.

2. Identificazione e classificazione dei rischi potenziali

A partire dalla mappa dei processi, si passa alla rilevazione dei rischi. Ogni fase operativa può essere soggetta a blocchi, interruzioni, errori tecnici o eventi esterni. Le fonti di rischio possono riguardare la tecnologia, il personale, la fornitura di energia, l’ambiente fisico o il contesto normativo.

È necessario compilare un elenco strutturato, distinguendo i rischi secondo la loro origine e gli effetti attesi. A questa fase si affianca la raccolta di informazioni storiche, incident report e segnalazioni da parte dei dipendenti. Il coinvolgimento attivo dei responsabili di funzione favorisce una rilevazione più accurata e completa.

3. Valutazione della probabilità e dell’impatto

gl indicatori fondamentali per il processo di risk assessment aziendale

Una volta raccolti i rischi potenziali, è importante valutare quantitativamente e qualitativamente due aspetti: quanto è probabile che si verifichi l’evento, e quale sarebbe l’effetto sull’azienda. Si utilizza una matrice che incrocia le due dimensioni e consente di visualizzare con immediatezza i rischi prioritari.

Ad esempio, un problema nei sistemi informatici può avere probabilità media e conseguenze molto gravi; una carenza nella catena di approvvigionamento potrebbe avere impatto meno diretto, ma richiedere comunque piani alternativi. Questa analisi consente di orientare in modo puntuale le scelte successive.

4. Definizione di contromisure e azioni correttive

Sulla base dei risultati della valutazione, si stabiliscono le azioni da intraprendere. Alcune minacce possono essere prevenute rafforzando i controlli, altre richiedono investimenti in nuove tecnologie o processi di formazione specifici. L’obiettivo è ridurre il rischio a un livello accettabile, senza generare rallentamenti inutili o spese eccessive.

Ogni misura va assegnata a un referente, con scadenze precise e modalità di verifica. Alcuni interventi possono essere immediati, altri devono essere programmati nel medio periodo. L’efficacia del piano dipende dalla sua aderenza alle condizioni operative reali.

5. Monitoraggio continuo e aggiornamento periodico

Il contesto aziendale evolve costantemente. Cambiano i fornitori, si aggiornano i sistemi, entrano in vigore nuove norme. Per questo motivo, il risk assessment deve essere soggetto a revisioni sistematiche. Il monitoraggio prevede controlli programmati, indicatori di rischio e report periodici.

Il rischio è una variabile in movimento. Il suo controllo richiede un sistema di sorveglianza capace di intercettare segnali deboli e di adattarsi alle trasformazioni. L’aggiornamento periodico è una garanzia di affidabilità e coerenza nel tempo.

Strumenti per fare risk assessment in azienda

Tra gli strumenti più utilizzati si trovano le check-list settoriali, i software gestionali per la valutazione dei rischi e le dashboard di monitoraggio. Le PMI possono avvalersi anche di schede Excel strutturate o modelli messi a disposizione da enti di categoria.

La scelta dello strumento dipende dalla dimensione dell’azienda, dal settore e dalle risorse disponibili. In ogni caso, l’elemento determinante resta la competenza di chi conduce l’analisi. Nessun applicativo sostituisce l’osservazione diretta e il confronto tra più figure aziendali.

Qual è il legame tra risk assessment e business continuity

Il risk assessment è il presupposto tecnico su cui si fonda la continuità operativa. Serve a definire quali processi vanno protetti, in che modo possono essere preservati e quali risorse servono per garantire la ripresa immediata.

Un piano di business continuity è efficace se poggia su una valutazione dei rischi ben condotta. Al contrario, una pianificazione senza analisi può generare interventi inutili o inefficaci.

Best practice per integrare i due processi

Il coordinamento tra valutazione dei rischi e continuità operativa va gestito fin dalla fase progettuale. Conviene coinvolgere i referenti delle diverse aree e allineare le tempistiche con quelle della pianificazione strategica.

È utile costruire documenti condivisi, creare un archivio delle analisi passate e inserire nel piano di continuità tutti i risultati del risk assessment. L’integrazione favorisce interventi coerenti e velocizza le reazioni operative.

Esempio pratico: simulazione di risk assessment per una PMI

risk assessment aziendale

Un’azienda metalmeccanica con cinquanta dipendenti gestisce internamente produzione, magazzino e spedizione. La mappatura dei processi evidenzia che l’officina meccanica è il cuore dell’attività. Tra i rischi individuati vi sono blackout elettrici, assenza di personale qualificato e malfunzionamenti dei macchinari.

L’analisi assegna alta probabilità e conseguenze rilevanti alla rottura del tornio principale. Di conseguenza, l’azienda pianifica la sostituzione della macchina e attiva un contratto di manutenzione programmata. Viene definito anche un piano per la sostituzione dei turnisti in caso di assenza prolungata.

Ogni intervento è tracciato in un documento condiviso, con verifiche mensili. Dopo sei mesi, la revisione dell’analisi ha permesso di aggiornare l’elenco dei rischi e di introdurre nuove misure correttive.

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