L’acqua è un bene primario, eppure troppo spesso lo diamo per scontato. Ma l’accesso all’acqua pulita non è garantito per tutti, mentre i consumi e gli sprechi aumentano ovunque.
Secondo le Nazioni Unite, entro il 2030 la domanda supererà l’offerta del 40%. Inquinamento, urbanizzazione selvaggia, crisi climatica: sono tante le pressioni sulle risorse idriche. E a pagarne il prezzo più alto sono sempre i più vulnerabili.
Ciascuno può ridurre la propria impronta idrica, ossia il volume d’acqua utilizzato per produrre ciò che consumiamo. Ad esempio prediligendo una dieta sostenibile, non sprecando, scegliendo elettrodomestici efficienti.
Ma è necessario anche un cambiamento di approccio condiviso. Infatti, sono fondamentali investimenti nelle infrastrutture idriche, nella protezione degli ecosistemi acquatici, nella collaborazione tra settori economici e tra nazioni per una gestione sostenibile dell’acqua. Inoltre, l’innovazione tecnologica può migliorare l’efficienza nell’uso e nel trattamento delle risorse idriche. Allo stesso tempo, l’educazione e la sensibilizzazione possono far crescere la consapevolezza collettiva sull’importanza di preservare l’acqua e usarla responsabilmente. Attraverso queste azioni combinate e integrate, è possibile realizzare il necessario cambiamento di paradigma.
In questo articolo, vedremo cos’è l’impronta idrica, come si misura e come si può ridurre, contribuendo così a un uso più sostenibile ed equo dell’acqua.
Cos’è l’impronta idrica
Nel 2002 Arjen Hoekstra, professore all’Università di Twente nei Paesi Bassi, introdusse il concetto di impronta idrica con l’intento di creare un indicatore del consumo reale d’acqua, che potesse fornire informazioni utili in aggiunta ai tradizionali indicatori basati sul settore produttivo.
L’impronta idrica si articola in tre componenti qualitative: acqua blu, verde e grigia.
L’acqua blu è il volume d’acqua dolce prelevato dalla superficie e dalle falde acquifere, utilizzato e non restituito. Si riferisce al prelievo di risorse idriche superficiali e sotterranee per scopi agricoli, domestici e industriali.
L’acqua verde è il volume d’acqua piovana che evapora o traspira nelle piante e nei terreni, soprattutto in riferimento alle aree coltivate.
L’acqua grigia è il volume d’acqua dolce necessario a diluire l’acqua inquinata per far sì che la qualità delle acque, nell’ambiente in cui l’inquinamento si è prodotto, possa ritornare sopra gli standard idrici stabiliti.
L’impronta idrica è costituita dalla somma di queste tre componenti ed esprime il volume richiesto per la produzione di beni e servizi. L’impronta idrica può essere calcolata a livello individuale, collettivo, aziendale o nazionale, e può essere riferita a un singolo prodotto, a un settore o a un’intera economia. L’impronta idrica è un indicatore “geograficamente esplicito”, che mostra non solo i volumi di utilizzo e inquinamento dell’acqua, ma anche le specifiche località. Ciò facilita la comprensione di come le scelte e i processi economici influenzino la disponibilità delle risorse idriche e di altre realtà ecologiche in tutto il mondo (e viceversa).
Come si misura l’impronta idrica
La valutazione dell’impronta idrica è un processo articolato in quattro fasi che quantifica e mappa le impronte idriche verdi, blu e grigie. Valuta poi la loro sostenibilità, efficienza ed equità nell’uso dell’acqua e identifica quali azioni strategiche dovrebbero avere la priorità per rendere sostenibile un’impronta idrica.
La prima fase consiste nel definire lo scopo e il confine della valutazione, ovvero cosa si vuole misurare, per chi, per quale periodo e area geografica.
La seconda fase prevede il calcolo dell’impronta idrica, utilizzando modelli matematici che stimano i volumi di acqua blu, verde e grigia associati a una determinata attività o prodotto. Questi modelli si basano su dati statistici, geografici, climatici e ambientali, e possono essere applicati a diverse scale spaziali e temporali.
La terza fase consiste nel valutare la sostenibilità, l’efficienza e l’equità dell’impronta idrica, confrontandola con la disponibilità e la qualità delle risorse idriche locali, e con gli impatti sociali ed economici derivanti. Questa fase richiede di stabilire indicatori e criteri di valutazione, che possono variare a seconda del contesto e degli obiettivi.
La quarta fase prevede l’identificazione delle possibili azioni di riduzione e gestione dell’impronta idrica, considerando opportunità, vincoli, priorità e interessi degli stakeholder. Questa fase richiede di elaborare strategie e piani d’azione, riguardanti sia il lato della domanda che dell’offerta d’acqua.
Come si può ridurre l’impronta idrica
Ridurre l’impronta idrica significa usare meno acqua e inquinare meno, sia direttamente che indirettamente, attraverso le proprie scelte di consumo e di produzione. Ci sono diverse azioni che si possono intraprendere a livello individuale, collettivo, aziendale o nazionale, per contribuire a un uso più sostenibile ed equo dell’acqua. Ad esempio, si può adottare uno stile di vita più sobrio e consapevole, preferendo prodotti locali, di stagione e a basso impatto idrico. Inoltre, è importante risparmiare acqua nelle attività domestiche, evitare di inquinarla e sensibilizzare gli altri sull’importanza di questa preziosa risorsa. Anche sostenere politiche e iniziative per una migliore gestione delle acque può aiutare. In conclusione, ognuno può fare la differenza con gesti concreti e assumendo comportamenti virtuosi, perché l’acqua è un bene comune da preservare e condividere responsabilmente.
L’acqua è un bene di tutti
Secondo le Nazioni Unite, entro il 2050 almeno un quarto della popolazione mondiale vivrà in aree afflitte da carenza idrica. Eventi meteorologici estremi e l’inquinamento aggravano la situazione. Urgono quindi strategie innovative e inclusive per gestire in modo sostenibile questo “oro blu”.
Ognuno può fare la sua parte, ripensando abitudini e stili di vita. Piccole azioni quotidiane che, sommate, fanno la differenza. Ad esempio limitare gli sprechi, preferire prodotti a basso consumo idrico, non inquinare. Ma anche sostenere politiche lungimiranti di tutela delle risorse idriche e di accesso all’acqua come diritto umano.