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Robot: collaborare o non collaborare, questo il dilemma

Robot: collaborare o non collaborare, questo il dilemma

robotDa qualche anno a questa parte di intelligenza artificiale e robot se ne parla davvero tanto e si è passati da una rappresentazione fantascientifica, per lo più sceneggiata in film di vario genere, ai video di Boston Dynamics dove un cane robot apre la porta per far passare un altro cane robot. Sono molti i quesiti in ballo che le varie Industry del mercato si stanno ponendo e nello specifico si sta cercando di capire come ottenere il massimo dall’innovazione delle macchine in termini collaborativi. Quesiti che in parte hanno provato a risolvere gli oltre 20 autori ed esperti intervistati per la realizzazione del quaderno numero 12 di Weconomy, la piattaforma culturale creata da Logotel dedicata all’economia collaborativa, intitolato appunto “Robot – L’automazione è collaborativa?”.
«Abbiamo la necessità di tornare a farci delle domande scomode per capire in profondità gli impatti e la posizione da prendere in merito a queste nuove tecnologie, per capire cosa le macchine possono fare o, meglio ancora, non fare. Perché quello che non fanno esalta il nostro modo di essere persone», ha spiegato Cristina Favini, strategist, manager of Design di Logotel e responsabile del progetto Weconomy. «Invece di cimentarci in una perdente corsa contro le macchine, investiamo in una collaborazione con loro, nella quale il “fattore umano” viene allenato, sviluppato e valorizzato.»
Nell’immaginario collettivo le speranze e i timori legati a queste innovazioni sono diversi e vanno da scenari dominati da una devastante disoccupazione di massa a scenari caratterizzati da una proficua distruzione creativa. Gli interventi degli autori ed esperti contenuti all’interno del  Quaderno di Weconomy sembrano comunque convergere sull’idea che il ruolo dell’essere umano resta insostituibile. Del resto, come afferma Massimo Temporelli, presidente e co-founder di The FabLab, la nostra specie è il risultato di una riuscita co-evoluzione dinamica e in continuo mutamento tra il nostro organismo, la biologia e la tecnologia, tra natura e cultura. Secondo l’autore: « la tecnologia è umanizzante. […] Per questo i robot e l’IA non solo non devono farci paura ma devono essere accolte con attento entusiasmo». Per ottenere dei risultati concreti e positivi comunque, sottolinea ancora Cristina Favini, «[…] servirà sempre di più investire su nuovi modelli di formazione e apprendimento che insegnino non le soluzioni ma a risolvere problemi».