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Generazione Z: l’ingresso nel mondo del lavoro

Generazione Z: l’ingresso nel mondo del lavoro

La Generazione Z è quella che viene dopo subito dopo i Millennials. Chiamati anche iGens, Post-Millennials o Plurals, si riferisce ai nati tra la seconda metà degli anni ’90, fino circa al 2010.

Quindi, facendo un rapido calcolo, si tratta del momento in cui adesso la Generazione Z si appresta ad entrare nel mondo del lavoro.

Sono giovani, i più giovani. Sono ispirati, ma soprattutto pragmatici. Bramano la stabilità finanziaria.

Questo nuovo gruppo ha appena iniziato ed essere considerato come forza lavoro (almeno i più grandi, che hanno 23 anni) e sarà indubbiamente l’argomento di molte discussioni su quale approccio adottare per farli diventare i futuri manager del nostro tempo.

Nel frattempo il Wall Street Journal ha messo insieme informazioni su come la Gen-Z differisce dalle precedenti generazioni.
Ecco le differenze e cosa significherà quando entreranno nel mondo del lavoro. 

Meno probabilità di essere amanti del rischio: pregi e difetti

I ragazzi delle scuole superiori appartenenti alla Gen-Z hanno meno probabilità di aver provato alcol e fatto sesso rispetto alle generazioni precedenti della stessa età. Questo dimostra grande responsabilità, ma anche il fatto che hanno meno probabilità di avere una patente di guida, mostrando da una parte maggior cautela e dall’altra più dipendenza dagli altri.

In teoria, questo succede perché passano moltissimo tempo sui loro smartphone e non hanno bisogno di uscire di casa per interagire con i coetanei. Ciò mantiene il sesso tra adolescenti e il consumo di alcol molto più basso, rispetto ad esempio ai Millennials.

Purtroppo ciò significa anche che non hanno avuto molta esperienza nel trattare faccia a faccia con persone e con problemi reali, è questo forse rappresenta la grave pecca di questa generazione.

Se si manda un sms, si può semplicemente andarsene, ma alzarsi e uscire da una riunione è scortese quanto inappropriato.

Potrebbe infatti essere necessario fare un po’ di coaching generale su come comportarsi in gruppo, specialmente dove non c’è struttura, come ad una conferenza, quando esiste in effetti del tempo libero.

I ragazzi della Gen-Z non sono interessati al lavoro autonomo, di più a come fare soldi.

Di fatto esigono una sorta di sicurezza finanziaria, infatti l’82 per cento delle matricole universitarie dà la massima priorità a diventare benestante. Solo il 36 percento dei loro nonni ne fece una priorità nel 1970.

Non sono, tuttavia, troppo interessati ad ottenere quella sicurezza finanziaria attraverso l’avvio della propria azienda, ma a fare in modo che ciò avvenga, magari facendo carriera in un’impresa di successo. Dato che i Gen-Zer più vecchi hanno solo 23 anni, come si svolgerà tutta questa ambizione nel mondo del lavoro resta da vedere, ma non si sposa certo con il desiderio di riuscire per conto proprio.

Questo va di pari passo con la loro minore tolleranza al rischio, in quanto un lavoro ti dà uno stipendio costante mentre l’avvio di un’azienda comporta molti rischi.

Chi appartiene alla Gen-Z è anche meno disposto ad accettare il debito del college, che ad esempio si contrae in America. Hanno già visto il danno finanziario che può provocare dai loro genitori e dai fratelli più grandi. Si tratta infatti di una cifra elevata: il 47% delle matricole ha assunto prestiti nel 2016, ma si tratta di un calo considerevole (dal 53% nel 2009).

Le aziende che offrono il prestito potrebbero dover guardare verso altri metodi per attirare il miglior talento e il più brillante ingegno.

Sono più eterogenei rispetto alle generazioni precedenti

La Gen-Z comprende la diversità della razza proprio perché l’ha vissuta. Ci sono molti Gen-Zers ispanici di quanti ce ne fossero in Gen-X o nei Millennials. E molto di più “altri”, ovvero appartenenti ad altre razze, quindi si tratta della prima vera generazione a razza mista.

Cosa significa questo? Un valore aggiunto inestimabile. Oltre alla razza, sono anche cresciuti con atteggiamenti molto diversi nei confronti dell’omosessualità e della sessualità in generale, quindi la diversità è parte integrante della loro esperienza di vita.

Questi dati, naturalmente, variano da luogo a luogo, dato che i numeri demografici si differenziano di nazione in nazione.

Ma resta da ricordare un particolare: è importante non lasciare che il “gruppo” oscuri l’individuo. Bisogna parlare all’individuo per capire cosa è importante per quella persona e di cosa ha bisogno: non è infatti scontato che tutti i ragazzi sotto i 23 anni siano esattamente gli stessi.

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