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Alipay: la strategia per l’Italia parla cinese

Alipay: la strategia per l’Italia parla cinese

Che la Cina sia uno degli stati che più è cambiato negli anni non è un mistero, almeno per chi è del settore: dal “made in China” – come simbolo universale di scarsa qualità ed economicità – a realtà all’avanguardia, il passo è stato fin troppo breve. Una presa di consapevolezza che ancora manca in Europa, almeno nel common sense, ma che nel prossimo futuro con tutta probabilità diverrà centrale. Uno sviluppo inarrestabile che, appena la Cina si aprirà completamente al vecchio continente, sarà difficilmente ignorabile (e che già non lo è per molte realtà, come ad esempio nel fashion, di cui il mercato cinese rappresenta già una grande fetta di fatturato).

Concetti come il New Retail – che prevede la perfetta integrazione e armonia tra commercio fisico e digitale – sono destinati a cambiare il futuro del sud-est asiatico e non solo. Di esempi concreti di queste innovazioni ce ne sono diversi, ma forse nessuno sarebbe più rappresentativo della storia dell’Alibaba Group, la compagnia creata da Jack Ma nel 1999, e di tutto l’universo che gli gravita attorno: un gruppo che comprende, oltre a svariati eCommerce (tra cui, ovviamente, Alibaba.com), Alipay, un servizio innovativo di pagamento che sta rivoluzionando il commercio nel Paese, attivo anche in Italia da poco più di un anno. Abbiamo  quindi deciso di fare una chiacchierata con Pietro Candela, Head of Business Development of the Italian market di Alipay, per capire come l’azienda stia lavorando nel nostro mercato e di quali siano le innovazioni che sta portando.

Pietro Candela Alipay Italia
Pietro Candela, Head of Business Development of the Italian market di Alipay

Partiamo dai fondamentali: cos’è Alipay?

Alipay è un sistema di pagamento innovativo nato in Cina. Inizialmente seguiva Alibaba sulla parte eCommerce – come PayPal per Ebay – per poi svilupparsi nel tempo anche per i pagamenti nei negozi fisici, portando in questa mobile application anche altri servizi, come quelli finanziari. È diventato quindi quello che noi chiamiamo Super App Lifestyle, aiutando i cinesi ad appuntare tutte le esigenze quotidiane. Si tratta di un sistema che sta crescendo tantissimo: considera che quando sono entrato in azienda due anni fa avevamo 400 milioni di clienti, mentre ora siamo arrivati ad averne 700 milioni in Cina. Praticamente è usato da tutti coloro che usano uno smartphone per connettersi. Clienti che diventano quasi un miliardo se consideriamo in generale lo sviluppo in Asia.

Viene usato solo per pagamenti B2C o anche B2B?

Solo B2C.

Quali sono, invece, i vostri obiettivi per il mercato italiano? 

Per quello che riguarda l’Italia e l’Europa, l’obiettivo di Alipay è quello di servire i turisti cinesi, che crescono a doppia cifra ogni anno. Vogliamo garantire che nella loro esperienza di viaggio abbiano la possibilità di pagare e ricevere le altre informazioni e servizi. Accanto a questo target naturalmente c’è una comunità cinese che a livello locale ha piacere a utilizzare la valuta cinese per i negozi, come gli studenti o gli imprenditori. Operativamente siamo partiti da un anno e mezzo fa e collaboriamo con le principali banche italiane per permettere che venga accettato dai merchant, come nel campo della moda, in cui c’è molto fatturato cinese, ma anche in qualsiasi altro settore. Stiamo cercando di lavorare sia sul modulo di pagamento che coniuga i POS con la mobile app – attraverso un QR code -, che su sistemi di pagamento innovativi, come pagare direttamente sul registratore di cassa (già attivo, ad esempio, in Rinascente) o pagare attraverso un QR code anche nei taxi.

alipay taxi

Quindi non c’è l’intenzione di andare a colpire anche potenziali clienti italiani, oltre ai cinesi di passaggio nel Belpaese?

No, perché l’Italia è un paese con un mercato molto bancarizzato e con molti strumenti di pagamento, mentre la nostra strategia sul mercato globale è quella di andare a colpire mercati emergenti con una popolazione o molto giovane – quindi mobile addicted – o, tra virgolette, esclusa dai sistemi finanziari. In sostanza Alipay in Cina è una fintech, mentre all’estero è una tech filling – ndr nel senso che in Cina offre anche servizi finanziari, mentre da noi è solo un fornitore di tecnologie per le banche, come il peer-to-peer landing e la gestione dei pagamenti -. In generale comunque il nostro obiettivo è andare a colpire l’asiatico, quello che oggi è il cinese, ma che fra qualche mese sarà anche il filippino, l’indonesiano o il coreano.

Chi sono, invece, i vostri competitor?

In Cina ce ne sono diversi, mentre in Europa non abbiamo dei veri e propri competitor essendo un mercato nuovo e che offre molte opportunità per chi ha i nostri obiettivi, riguardo all’importanza del target cinese. Il fine è comunque sempre quello di fare comunicazione, perché qui si è molto distanti dalla Cina, anche come conoscenza di ciò che succede lì: nel discorso comune non sanno che i cinesi fanno tutto con il telefonino e che il pagamento con il QR code ha sostituito il contante. È questo l’ostacolo più grande.

Alipay QRcode

Questa mancanza di conoscenza delle innovazioni che stanno avvenendo in Cina ritieni che sarà colmata nel prossimo futuro? 

Loro (ndr i cinesi) hanno delle potenzialità di crescita enormi perché, come avveniva ad esempio nell’Italia anni ‘60, solo il 60% del territorio è urbanizzato e popolato dalla cosiddetta middle-class. E con il passare del tempo questa fascia è destinata a diventare sempre un po’ più ricca e a ingrandirsi, con 50 milioni di persone l’anno che già si avvicinano al mercato non-rurale. Da mero paese esportatore, quindi, la Cina ora inizia ad aprirsi anche ai flussi internazionali, stimolando l’import di prodotti di alta qualità e il turismo. Ad esempio, il mercato italiano della moda è molto presente in Cina, con ricavi anche a doppia cifra da questo paese, ma è solo uno dei simboli di un’economia che si sta spostando sempre più in questa direzione. In Europa abbiamo perso l’onda del digitale, a differenza del mercato cinese, per questo quest’ultimo è un terreno così fertile per una realtà come Alipay.

Com’è, invece, il rapporto con le banche?

In Cina cerchiamo di intercettare chi opera nel mondo bancario come un partner. Poi è ovvio che quando si opera entrambi nel settore dei pagamenti ci sia del sovrapponimento. In Europa, invece, non c’è una competizione, perché non facciamo altro che aprire portafogli dei cinesi a delle strutture di pagamento europee verso quelli che sono i nostri partner europei. Abbiamo, infatti, accordi con quasi tutte le grandi banche. Questo perché Mastercard non esiste in Cina, quindi o si usa Union Pay o il mobile pay, quindi Alipay. In realtà è vero che Alipay è un sistema di payment, però per noi il pagamento non è un fine ma un mezzo per raggiungere e rapportarsi con i clienti. Nel mercato tradizionale si parla di commissioni, di riduzione dell’evasione e di costi del contante, mentre noi andiamo alla ricerca della piccola transazione perché è quella che ci fa conoscere meglio il cliente, che ha la possibilità di fare micro-investimenti, chiedere prestiti in tempo reale, di fare delle assicurazioni, chiamare un taxi o prenotare un viaggio. Per questo in Cina si è sviluppato il concetto di New Retail, perché non è nella commissione il focus, ma in quello che ti permette di fare un sistema di pagamento tecnologico. Se in Italia spesso non esiste neanche il POS in molti negozi e locali, in cina, potendo fare tutto con il telefono, questo apre le porte a moltissime possibilità, anche di marketing.

Quali sono le innovazioni che avete intenzione di attuare nel prossimo futuro?

In Italia ciò su cui stiamo puntando è quello di utilizzare Alipay come uno strumento di customer engagement, come abbiamo fatto nell’area del Duomo in collaborazione con diversi brand di moda che hanno attuato delle offerte personalizzate pagando con Alipay, creando una relazione con il clienti prima ancora che questo entrasse in negozio. Partiremo a breve poi anche con i pagamenti con il QR code anche qui in Italia. In Cina, ad esempio invece hanno attivato di recente lo “Smile to Pay”, pagando senza neanche tirare fuori il telefono ma sorridendo davanti a una telecamera.