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Fusione aziendale: modelli ed esempi

Fusione aziendale: modelli ed esempi

Trasformarsi in una nuova grande società. Oppure guadagnare nuove quote, investire in nuovi segmenti di mercato. Sono le principali ragioni per cui molto spesso alcune realtà del nostro mercato ricorrono alla cosiddetta fusione aziendale. Concetto che solitamente si accompagna a quello di acquisizione, di tutt’altra natura e scopo.

A seguito della pandemia sono stati molti i casi in cui alcuni protagonisti del commercio hanno potuto o dovuto procedere ad una di queste due pratiche. Il caso della fusione aziendale naturalmente rientra in quel tipo di misura che apre nuovi orizzonti e prospettive di crescita. A differenza dell’acquisizione che di norma consacra il potere di un unico colosso dell’industria a dispetto delle realtà più piccole.

Ma procediamo con ordine e cerchiamo di capire cos’è la fusione aziendale. E in cosa consiste la nobiltà della sua natura. 

Da quella orizzontale a quella verticale sono molti i tipi di fusione aziendale

Definizione e tipologie di fusione aziendale (vantaggi e svantaggi)

Detto in termini quanto più tecnici e comprensibili allo stesso tempo, intendiamo con fusione aziendale un accordo. Che di solito viene sottoscritto da due o più società allo scopo di dare vita ad un’unica grande organizzazione. Le ragioni per cui ad un certo punto si intenda procedere con una fusione aziendale possono essere molteplici. E così anche le tipologie a seconda delle esigenze di ciascuna parte in causa.

In generale però la ragione principale per cui si decide di mettere in atto una fusione è quello di accrescere la propria presenza sul mercato. In questo senso le società implicate hanno caratteristiche fra loro simili per tipologia di prodotti, clientela e dimensioni. 

Insomma gli azionisti sono coloro che ne traggono il massimo beneficio da questa manovra. Purché chiaramente nessuno avanzi pretese di controllo su altri. Infatti nella maggior parte di casi si parla di “fusione aziendale fra uguali”.

Questa se vogliamo è la differenza di base rispetto a un’acquisizione, dove il processo non avviene fra due o più parti attive. Piuttosto una sola grande realtà aziendale decide di inglobare un’altra più piccola, che accetta potremmo dire “passivamente”.

La prima tipologia di fusione comune è quella definita congenere / estensione di prodotto. Le società coinvolte operano nella stessa porzione di mercato, e l’accordo viene suggellato tramite la creazione di un nuovo articolo. Il quale contribuirà ad allargare il bacino di clientela tra ambo le parti. Di conseguenza aumenterà anche la quota di mercato di ciascuna azienda.

Abbiamo poi la fusione detta di conglomerati. Le parti in gioco possiedono attività commerciali indipendenti. E l’accordo viene sottoscritto solo se garantisce la crescita patrimoniale degli azionisti.

Esiste poi la fusione aziendale per estensione. Ovvero le due realtà coinvolte vendono prodotti simili ma rivolgendosi a mercati differenti. In questo caso dunque si allarga per entrambe il terreno di gioco, dando vita ad un unico grande segmento di mercato comune.

Come ultime tipologie abbiamo quelle forse più sentite. La fusione aziendale verticale e quella orizzontale. Nel primo caso abbiamo imprese attive nello stesso settore ma a livelli diversi. Pertanto la soluzione di fare fronte comune deriva dai vantaggi in termini di efficienza e approvvigionamento per tutte le parti. 

Nel secondo caso invece le società coinvolte sono allo stesso livello. E quindi la fusione viene resa necessaria onde evitare di continuare a farsi concorrenza all’interno dello stesso settore.

In sintesi potremmo dunque elencare in poche parole quelli che sono i vantaggi derivanti da una fusione aziendale. Primo fra tutti l’aumento della quota di mercato, utile a scalzare la concorrenza in molte occasioni.  Abbiamo poi i costi ridotti sulle operazioni, grazie alla cosiddetta economia di scala. Il che consente di evitare anche duplicazioni dei prodotti con conseguente risparmio per i consumatori. 

C’è poi l’espansione del mercato di riferimento, in termini letteralmente geografici. E nei casi più estremi, spesso il ricorso a una fusione può addirittura salvare un’azienda dal proprio fallimento. Diversamente fra i maggiori svantaggi possono esserci le difficoltà nella comunicazione. Ogni azienda osserverà il proprio metodo e non è sempre facile trovare un punto di incontro per tutti congeniale. 

In secondo luogo abbiamo il rischio della disoccupazione. Nel caso di situazioni estreme come poc’anzi citato, un’azienda potrebbe voler rinunciare ai propri settori di produzione meno redditizi. Con conseguenti licenziamenti. 

Infine c’è il rischio di un aumento dei prezzi sui prodotti. L’acquisizione di una nuova quota di mercato spesso si traduce in poco tempo con quella di un vero e proprio monopolio rispetto alla concorrenza. Il che porta inevitabilmente a ridimensionare il valore dei beni e servizi offerti.

Da Google a Disney ecco esempi famosi di fusione aziendale

Alcuni esempi famosi di fusione aziendale. Da Google a Walt Disney

Fra gli esempi più noti di fusione aziendale troviamo senz’altro quello legato a Google e Android. Sebbene da fuori possa sembrare più un’acquisizione, la tipologia di questo accordo è in realtà di tipo verticale. Nel 2007 Google decise di accaparrarsi per 50 milioni di dollari i servizi di Android. Permettendo così al colosso dei motori di ricerca di diventare il primo al mondo grazie anche all’approdo come provider sui dispositivi mobili.

Nel 2008 a fondersi invece sono stati Sirius e XM radio, colossi dei sistemi radiofonici satellitari. La procedura era già stata improntata 10 anni prima ed ha dovuto attendere il via libera definitivo della Commissione Federale per le Comunicazioni (FCC). Ad oggi Sirius XM rappresenta l’esempio perfetto di fusione di tipo orizzontale. Incrementando il numero di abbonati – oltre 30 milioni – con conseguente crescita azionaria.

E poi abbiamo forse la più celebre delle fusioni aziendali nel campo dell’intrattenimento. Ovvero quella tra Disney e Pixar, del valore di 7 miliardi e mezzo di dollari. L’interesse di allargare il bacino di pubblico è scaturito quando l’azienda di Steve Jobs e John Lasseter era appena agli inizi. Ma aveva già prodotto capolavori di successo come Toy Story.

Inutile dire quanto questa fusione – verticale e orizzontale insieme – non abbia fatto altro che consacrare il marchio Disney. Grazie anche alla successiva creazione di lungometraggi di animazione da premio Oscar. Come Up o Wall-E.

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