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Re-onboarding: perché serve anche ai dipendenti già presenti in azienda

re-onboarding: un nuovo assunto riceve un gadget

Viviamo nell’epoca della trasformazione digitale, dell’ibridazione dei luoghi di lavoro e dei cambiamenti organizzativi costanti e repentini. L’onboarding, oggi, non è più un momento riservato solo ai neoassunti. Sempre più aziende stanno investendo nel cosiddetto re-onboarding. Si tratta di un processo strutturato per reintegrare e riagganciare i dipendenti già in azienda. Questo approccio si rivela strategico per affrontare transizioni interne, aumentare la retention e allineare tanto le competenze quanto la motivazione. Non si sottovaluti il suo potenziale in rapporto al raggiungimento degli obiettivi aziendali attuali.

Cos’è il re-onboarding e quando è necessario

Il re-onboarding è un processo strutturato di ri-orientamento e ri-ingaggio, rivolto ai dipendenti già in forza all’azienda. Si differenzia dall’onboarding tradizionale per finalità e destinatari. Non introduce nuovi collaboratori bensì rinfresca, aggiorna e rafforza il senso di appartenenza di chi ha già esperienza interna. Si rende particolarmente necessario in fasi di transizione aziendale. Non a caso, è utilizzatissimo durante processi di snellimento, allargamento o ristrutturazione organizzativa, così come in concomitanza con fusioni o cambiamenti di leadership. Similmente, si rivela azzeccato dopo lunghi periodi di smart working o rientri da aspettative prolungate.

Il re-onboarding è utile anche quando un dipendente cambia ruolo o reparto; se l’azienda adotta nuovi strumenti digitali; nel caso in cui si introducano processi che richiedono un riallineamento collettivo. In sostanza, serve ogni qual volta l’ambiente aziendale cambi più rapidamente rispetto alle persone che vi lavorano. Non si tratta di una semplice comunicazione interna o di un aggiornamento tecnico. Il percorso punta a rigenerare senso di coinvolgimento, rafforzare la cultura aziendale e/o riattivare una connessione, anche extra-professionale, tra persone e organizzazione.

I vantaggi del re-onboarding per retention e produttività

Investire nel re-onboarding comporta benefici concreti in termini di retention. Favorisce la produttività e rasserena il clima aziendale. Uno dei vantaggi principali è la riduzione del tasso di turnover. Quando i dipendenti percepiscono attenzione nei loro confronti, specialmente in fasi di cambiamento o momenti di smarrimento, si sentono più valorizzati. Ciò, naturalmente, li motiva a restare.

I vantaggi legati all’aumento produttivo si devono a un riallacciamento dei legami tra ruoli che collaborano, durante i processi operativi e nei valori aziendali. Scegliere il re-onboarding riduce le ambiguità e ristabilisce chiarezza organizzativa. I collaboratori riacquisiscono fiducia e consapevolezza del proprio contributo strategico. Riallineare l’organico favorisce una maggiore integrazione tra seniority diverse e promuove una cultura della formazione continua, prevenendo stagnazione e divisioni.

Anche in termini di employer branding, un programma di re-onboarding ben progettato comunica attenzione e lungimiranza. Esso dimostra che l’azienda non dà per scontato il capitale umano già acquisito e non lo lascia sedimentare, bensì lo coltiva nel tempo.

re-onboarding: un meeting tra colleghi durante il processo
Riallineare l’organico favorisce una maggiore integrazione tra seniority diverse

Come progettare un processo di re-onboarding efficace

Un percorso di re-onboarding efficace non si può improvvisare. Richiede infatti pianificazione, ascolto e personalizzazione. Il primo passo è analizzare il contesto. Lo scopo di questo step è individuare le cause che rendono l’operazione necessaria. Ci sono in vista cambi organizzativi? Nuove tecnologie? Un rientro in presenza dopo prolungata attività da remoto? Vi è un cambio di governance? Ogni causa richiede un tono e una struttura specifica del programma. Non esiste un unico tipo di re-onboarding che vada bene per qualunque lavoratore.

Il secondo passo è costruire un percorso modulare. Si devono unire momenti informativi riguardanti strumenti, policy o obiettivi aggiornati a istanti esperienziali, di confronto guidato ma libero. Workshop, team building, incontri con la leadership e feedback loop continui sono elementi centrali per rendere il re-onboarding realmente trasformativo. Non si tratta di una rapida formazione, ma di un processo curato e approfondito.

Manager e responsabili devono essere coinvolti nelle attività. Idealmente, dovrebbero essere gli ambasciatori del processo. Il re-onboarding non si limita a un paio d’ore di slide e presentazioni. Si estende nel tempo. È utile pensarlo come una pratica di cura continua. Deve esserci una narrazione condivisa. Questa deve restituire senso e direzione al lavoro quotidiano, anche (se non soprattutto) in contesti nuovi e sfidanti.

Nuovi strumenti, ruoli o modelli organizzativi in azienda

Oggi il mercato del lavoro è molto dinamico. In un simile panorama, il re-onboarding diventa essenziale ogni volta che l’azienda introduce cambiamenti. L’adozione di nuove piattaforme collaborative, CRM o sistemi di gestione richiede naturalmente una formazione tecnica, ma non solo. Occorre infatti anche un accompagnamento culturale. Il re-onboarding può offrirlo. Allo stesso modo, quando si introducono ruoli ibridi o si passa a modelli organizzativi meno verticali (agili o a matrice, per citarne due dei più diffusi oggi) i dipendenti devono essere aiutati a comprendere il nuovo contesto, le aspettative e le modalità operative.

Il re-onboarding rappresenta un solido ponte tra come si faceva prima e come lavoreremo da oggi. Un’ulteriore valenza strategica del riallineamento è quella della valorizzazione della diversità generazionale. Integrare le nuove generazioni nel sistema aziendale, senza alienare quelle già presenti e con più anzianità di servizio, richiede equilibrio e dialogo. Il re-onboarding può offrire momenti strutturati di incontro, mentoring e aggiornamento trasversale. Circostanze di questo tipo sono capaci di creare terreno comune ove far crescere innovazione e fiducia.

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