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Trump: tasse zero per Apple se produce prodotti negli Stati Uniti

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La crociata del presidente Donald Trump per l’applicazione dei dazi contro la Cina prosegue senza sosta ed in un tweet sfida il colosso dell’informatica Apple per l’applicazione dei dazi contro la Cina. Prosegue senza sosta ed in un tweet sfida il colosso dell’informatica. “I prezzi della Apple potrebbero aumentare a causa delle enormi tariffe che potremmo imporre alla Cina, ma esiste una facile soluzione con una tassa a ZERO ed anche un incentivo fiscale. Crea i tuoi prodotti negli Stati Uniti anziché in Cina, inizia a costruire nuovi impianti ora. Emozionante!”, afferma Trump nel tweet.

Con un tweet nella tarda mattinata di sabato, quasi a voler chiudere una settimana a dir poco agitata, The Donald apre un nuove fronte. Questa volta a finire nel mirino del presidente Usa è il colosso della Silicon Valley, che all’inizio della settimana aveva osato mettere in guardia la Casa Bianca sulle nuove tariffe (pari a 200 miliardi di dollari) che Trump vuole imporre sui prodotti ‘made in China’. La grande azienda della Silicon Valley, l’undicesima compagnia più ricca del mondo secondo Fortune, si ritiene pesantemente penalizzata dalle tasse sui prodotti in entrata dalla Cina minacciati dall’amministrazione repubblicana, imposti già su prodotti cinesi per 50 miliardi di dollari ma che potrebbero presto essere estesi a merce per un valore di 267 miliardi di dollari di prodotti.

 Per questo motivo la società ha chiesto al governo di Washington di «riconsiderare queste misure e lavorare per trovare altre soluzioni più efficaci che rendano l’economia americana più solida e facciano il bene dei consumatori». Secondo gli analisti infatti dazi così imponenti andrebbero a colpire un’enorme quantità di prodotti finendo per gravare noteolmente sulle tasche dei cittadini americani. Se però i manager di Cupertino speravano di trovare antenne dritte nell’amministrazione guidata da un imprenditore di successo, hanno dovuto presto ricredersi. La risposta di Trump infatti non si è fatta attendere. È arrivata attraverso twitter ed è stata piuttosto diretta: “Fabbricate i vostri prodotti negli Stati Uniti invece che in Cina”.

Tim Cook, dopo l’incontro avuto ad agosto con il presidente Usa nel golf resort di The Donald a Bedminster (New Jersey) non ha mai confermato le dichiarazioni di Trump (“penso che la Apple costruirà nuove grandi fabbriche negli Usa”) ed ha anzi espresso pubblicamente le sue critiche verso la nuova politica dei dazi della Casa Bianca, che rappresentano una vera e propria ‘tassa sui consumatori’: “La nostra preoccupazione per queste tariffe è che gli Stati Uniti saranno colpiti più duramente e ciò comporterà una minore crescita e competitività negli Usa e prezzi più alti per i consumatori americani”. La Apple non ha voluto commentare il tweet del presidente, ma è pronta allo scontro. E con Cook sono pronti a schierarsi anche altri ‘grandi’ come Amazon, Google, Nike e Levi’s.

Il 12 settembre prossimo, nel frattempo, è annunciata la presentazione dei nuovi modelli di iPhone, suscitando non poca curiosità nei suoi clienti più affezionati e in generale negli addetti ai lavori. Intanto alcuni “Alti funzionari” criticano il presidente Trump e la senatrice democratica Warren ne approfitta per appellarsi al venticinquesimo emendamento. La Costituzione americana, infatti, prevede una particolare procedura qualsiasi volta in cui il vicepresidente, nonché gli alti funzionari, pensano che il presidente sia inadeguato a ricoprire la carica che riveste ed a svolgere il suo lavoro. La quarta sezione del citato emendamento consente, infatti, al vicepresidente ed alla maggioranza del gabinetto di presentare una proposta in forma scritta al Congresso, qualora ritengano che l’inquilino della Casa Bianca non sia in grado di compiere i doveri attribuiti alla sua carica. La decisione, ovviamente, diviene definitiva solo dopo una delibera favorevole del Congresso. La critica provenuta da un alto funzionario in un editoriale è stata criticata duramente da Donald Trump che ha definito il New York Times“morente”.

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