A seguire uno degli approfondimenti pubblicati all’interno del primo speciale cartaceo di Dcommerce, presentato durante la dodicesima edizione del Netcomm Forum. Per recuperare tutti gli altri contenuti esclusivi cliccate sull’immagine di copertina. Buona lettura!
Parlare di pagamenti mobile è ormai un’attività talmente comune e diffusa che anche al circolo di bocce, tra un lancio e un altro, si discute con una certa veemenza di tecnologia NFC, di QR Code, pagamenti in-store, portafogli digitali, App e via dicendo. Il rumore è tanto ma la sostanza, come emerso anche dagli ultimi dati presentati dall’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del PoliMi, è ancora poco consistente.
I dati di comScore
Il dato, che per ora resta una certezza, almeno a livello europeo, è che l’Italia si conferma tra i Paesi con il maggior numero di possessori di smartphone, ben 32.7 milioni secondo gli ultimi dati Audiweb, di cui 27.6 milioni connessi a internet (dicembre 2016). Il dato è indicativo per inquadrare i comportamenti dei mobile shopper, ovvero, quegli italiani che fanno acquisti con il proprio smartphone, che sia online, instore o in-app. Secondo gli ultimi numeri presentati da comScore, i mobile shopper italiani, nel trimestre che va da dicembre 2016 a febbraio 2017, sono cresciuti del 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno passato. Si tratta di 10.3 milioni di italiani, il 31% dei possessori di smartphone, un numero superiore a quello registrato nello stesso trimestre da Germania (23%), Spagna (18%) e Francia (16%).
Dove acquistano i mobile shopper italiani
«All’interno di quel 31%, la maggior parte compie i propri acquisti all’interno dei grandi marketplace internazionali», spiega Fabrizio Angelini, ceo e fondatore di SenseMaker, rivenditore esclusivo per l’Italia di comScore. Preferire Amazon ad altre piattaforme ecommerce è sicuramente una scelta dettata da maggiore fiducia, sicurezza e opportunità che il colosso guidato da Jeff Bezos offre, ma è anche una scelta che mostra come la semplicità del processo di acquisto, le attività di marketing correlate e la gestione della logistica siano oggi i veri pilastri per la realizzazione di una piattaforma ecommerce che funzioni.
«Aprire un canale di ecommerce per un’azienda è l’operazione meno difficile – continua Angelini – è la logistica il vero problema»; gli investimenti sulla logistica sono cruciali, sia per la soddisfazione del cliente finale che per una questione meramente economica, una buona gestione della logistica ha infatti un impatto positivo sui margini dell’azienda. Non è un caso che player come Alibaba o lo stesso Amazon stiano investendo costantemente, seppur in direzione differenti, su tutta la struttura che porta alla consegna della merce. Una delle soluzioni su cui si sta lavorando molto al momento, in modo da ovviare il problema, è senza dubbio l’estensione delle reti di pickup point e di punti ritiro, operazione che anche in Italia sta dando ottimi risultati, basti leggere i bilanci di fine anno di attori importanti come ePRICE o Unieuro.
App o non App?
I dati di comScore, sempre relativi al trimestre che va da dicembre 2016 a febbraio 2017, indicano come gli acquisti in-app stiano raggiungendo quelli fatti da browser. Le percentuali parlano di un 13,7% di mobile shopper che acquistano all’interno delle applicazioni mobile, una cifra molto bassa ma anche in questo caso superiore a Germania (12,1%), Spagna (7,9%) e Francia (6,5%). La domanda da porsi è la seguente: è ancora fondamentale investire nello sviluppo di un’app per il proprio sito di ecommerce? Il commento di Angelini sul dato lascia poco spazio a interpretazioni colorate: «Se il tuo profilo è quello di una piccola o media impresa presente sul mercato con un prodotto verticale e specializzato, allora oggi ha ancora senso sviluppare un’app per cercare di raggiungere più consumatori possibile; se invece sei un’azienda che opera in categorie merceologiche più generaliste, come l’Elettronica ed Elettrodomestici o l’Abbigliamento, allora potrebbe non essere molto conveniente»
Commento che può dirsi in linea con quanto sta avvenendo anche in ambito internazionale. Il lavoro portato avanti da Facebook con Messenger e da Tencent con WeChat punta proprio a ridurre l’uso delle applicazioni mobile. Non delle loro, che assumeranno un ruolo sempre più centrale nella vita delle persone, ma di tutte le altre. Il mercato cinese è molto più avanti in tale prospettiva, soprattutto per quanto riguarda i pagamenti mobile, ma ben presto anche in Europa sarà possibile svolgere qualsiasi operazione senza mai dover uscire dall’App di Messenger o di WhatsApp. Il risultato sarà ovviamente che la maggior parte delle applicazioni mobile scompariranno per sempre.
Mobile commerce Vs Info-commerce
Se il 31% dei possessori di smartphone dichiara oggi di compiere acquisti online è altrettanto vero che in egual misura questi utilizzano il mobile solo per acquisire informazioni sul prodotto o per cercare il miglior prezzo online. Secondo comScore il 29% dei mobile shopper italiani usa il proprio smartphone per comprare i prezzi di uno stesso prodotto all’interno dei siti dedicati, il 28% lo usa per la ricerca di sconti e coupon, il 22% per cercare le caratteristiche di un prodotto e verificare la disponibilità di un prodotto anche online.
Le attività di info-commerce hanno un peso ancora molto determinate nel dialogo tra shop online e negozio fisico, tuttavia se prima l’utente si limitava a trovare informazioni con il proprio smartphone, oggi il tasso di conversione degli acquirenti mobile rappresenta davvero un numero importante. «Si è sempre detto che nel processo di acquisto digitale il mobile esplica una funzione informativa che in un secondo momento viene finalizzata su desktop. Ora non è più così, il mobile è diventato realmente uno strumento di conversione», ha commentato il ceo di SenseMaker.
Acquisti in-store
Chiudiamo parlando di pagamenti in-store tramite mobile, il vero question mark del 2017. A differenza dei pagamenti da remoto, i pagamenti all’interno del punto vendita registrano numeri ancora poco rilevanti nel panorama italiano. L’arrivo di Apple Pay in Italia, a cui verosimilmente faranno seguito anche Samsung Pay e Android Pay, è senza dubbio un segnale positivo per questo tipo di pagamenti: da una parte perché introduce una soluzione in più a quelle già esistenti come MySi Pay di CartaSi, Tinaba o Satispay, dall’altra perché la comunicazione di un player come Apple ha sicuramente un impatto maggiore sul consumatore italiano che riconosce nel brand affidabilità e semplicità in ambito tecnologico.
La partita è aperta, e lo è ancora di più se si continua a tenere bene in mente quel dato dei 32.7 milioni di possessori di smartphone presenti oggi in Italia. Questo dato, sommato alla fitta rete di POS presente sul territorio italiano, lascia davvero pensare che investire sui pagamenti mobile sia una delle migliori cose da fare, un’attività che potrebbe finalmente indirizzare l’Italia verso un’economia cashless. Quello che manca è la consapevolezza, l’abitudine di un gesto che ancora non si è abituati a compiere quotidianamente.