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Techlash: la disillusione verso le big tech e le implicazioni per il marketing

techlash che cos'è

Negli ultimi anni si è assistito a un cambiamento profondo nella percezione pubblica delle grandi aziende tecnologiche. Se fino a qualche tempo fa nomi come Google, Facebook (ora Meta), Amazon e Apple evocavano innovazione, progresso e libertà digitale, oggi il clima è decisamente mutato.

L’entusiasmo iniziale ha lasciato spazio alla diffidenza, al sospetto e alla critica aperta. Questo fenomeno ha preso un nome preciso: techlash, ovvero un contraccolpo nei confronti delle big tech. Non si tratta solo di un trend passeggero, ma di un cambiamento culturale che sta influenzando il modo in cui le persone si rapportano alla tecnologia e, di riflesso, il modo in cui le aziende fanno marketing.

Techlash: perché la sfiducia verso le big tech sta cambiando il marketing

La fiducia è un asset centrale nella comunicazione e nella costruzione di un brand.

Quando però la fiducia nei confronti delle piattaforme che veicolano messaggi pubblicitari inizia a crollare, anche i brand si trovano in difficoltà.

Il techlash non riguarda solo i giganti della tecnologia: coinvolge tutti gli attori dell’ecosistema digitale, compresi i marketer.

Se le persone percepiscono una piattaforma come manipolativa o poco trasparente, tenderanno a generalizzare quel sospetto anche verso i messaggi pubblicitari che vi circolano.

Questo scenario ha reso necessario un ripensamento profondo delle strategie di comunicazione, che devono ora tenere conto di un pubblico più critico, più informato e meno incline ad accettare passivamente la presenza dei brand nella propria vita digitale.

Cos’è il techlash e perché è esploso dopo il 2020

Il termine techlash è nato per descrivere una crescente ostilità pubblica verso le grandi aziende tecnologiche.

Sebbene alcuni segnali si fossero già manifestati prima del 2020, è con la pandemia che il fenomeno ha subito un’accelerazione.

La digitalizzazione forzata di molti aspetti della vita quotidiana ha messo in luce dinamiche già problematiche: dipendenza da un numero limitato di piattaforme, gestione discutibile dei dati personali, ruolo ambiguo degli algoritmi nel determinare cosa si vede online.

Nel 2020, anche a seguito di scandali come Cambridge Analytica e le rivelazioni su come le piattaforme abbiano gestito disinformazione e hate speech, la narrativa attorno alle big tech è cambiata.

Non più eroi della Silicon Valley, ma entità dai contorni opachi, capaci di influenzare elezioni, modelli di consumo e comportamenti sociali su larga scala.

Privacy, monopolio, AI e algoritmi opachi

La spinta maggiore del techlash arriva da alcuni temi ricorrenti.

Il primo è sicuramente quello della privacy. Le persone sono sempre più consapevoli di quanto i propri dati vengano raccolti, analizzati e monetizzati.

A questo si aggiunge la questione del monopolio: poche aziende controllano una parte sempre più ampia dell’infrastruttura digitale globale.

C’è poi il tema dell’intelligenza artificiale, vista da molti come una forza fuori controllo.

Gli algoritmi che regolano i feed social o i risultati delle ricerche sono spesso percepiti come “scatole nere” incomprensibili e potenzialmente pericolose.

Tutto questo ha portato a un sentimento di disillusione generalizzato e ha creato le condizioni per una crisi di fiducia.

Come il techlash influisce sul comportamento dei consumatori online

Le conseguenze del techlash si riflettono direttamente sul comportamento delle persone in rete.

Sempre più utenti decidono di limitare l’utilizzo dei social media, cancellare applicazioni, utilizzare motori di ricerca alternativi o browser che promettono maggiore tutela della privacy.

Maggiore consapevolezza e richiesta di trasparenza

Oggi si assiste a un cambiamento culturale che porta le persone a essere più attente, più selettive e meno disposte a cedere i propri dati in cambio di contenuti o servizi.

Cresce la richiesta di trasparenza: si vogliono sapere i criteri con cui un contenuto viene suggerito, chi ha pagato per una determinata inserzione, che tipo di dati vengono raccolti e come vengono utilizzati.

I brand si trovano quindi davanti a un pubblico che chiede chiarezza, etica e coerenza.

Non basta più essere visibili: occorre essere credibili.

Le risposte delle piattaforme e le nuove sfide per i brand

Le grandi piattaforme non sono rimaste immobili di fronte al techlash.

Meta ha cambiato nome per distanziarsi dai problemi di Facebook.

Google e Apple hanno introdotto modifiche significative nella gestione dei cookie e nella trasparenza delle app.

Tuttavia, molti osservatori ritengono che queste mosse siano più di facciata che sostanziali.

Nel frattempo, i brand devono confrontarsi con nuove sfide. La targettizzazione è diventata più difficile, le metriche sono meno affidabili e le persone meno ricettive.

Inoltre, il marketing si muove in un ecosistema dove ogni scelta comunicativa può essere letta politicamente o eticamente.

Le aziende che si mostrano troppo vicine alle big tech rischiano di perdere la fiducia del pubblico.

Strategie per i marketer: come comunicare in un’era di sfiducia

In questo scenario, i marketer devono ripensare i propri strumenti e i propri approcci.

Prima di tutto, è fondamentale partire dall’ascolto. Comprendere i nuovi bisogni delle persone, analizzare i segnali deboli e progettare contenuti che rispondano a un desiderio di autenticità.

Contano sempre di più la qualità delle relazioni rispetto alla quantità delle visualizzazioni. Meglio una community piccola ma attiva e consapevole, piuttosto che un pubblico vasto ma disinteressato.

Anche il linguaggio va rivisto: meno enfasi, meno tecnicismi, più dialogo e più attenzione ai feedback.

È il momento di riscoprire forme di comunicazione più umane, come le newsletter curate, i podcast, le collaborazioni con creator di nicchia.

Autenticità, etica e micro-targeting nel post-techlash

Nel contesto post-techlash, tre parole diventano centrali: autenticità, etica e micro-targeting.

Autenticità significa essere coerenti, riconoscibili, non cercare di piacere a tutti ma coltivare un’identità vera.

Etica significa fare scelte consapevoli: evitare greenwashing, non cavalcare temi sensibili solo per ottenere visibilità, ma essere realmente impegnati in ciò che si comunica.

Infine, il micro-targeting non sparisce, ma cambia natura. Non si tratta più solo di intercettare utenti simili sulla base dei dati comportamentali, ma di costruire messaggi personalizzati con attenzione, rispetto e trasparenza.

Si assiste a una transizione da un marketing guidato dalla profilazione aggressiva a un marketing relazionale, dove la fiducia si costruisce nel tempo e non si compra con un click.

Il techlash è più di una moda passeggera: rappresenta un cambio di paradigma nel rapporto tra persone, tecnologia e comunicazione.

Le aziende che sapranno adattarsi a questo nuovo clima culturale, investendo in trasparenza, etica e relazione, non solo riusciranno a sopravvivere, ma potranno costruire legami più forti e duraturi con il proprio pubblico.

Il marketing del futuro non potrà più permettersi scorciatoie: dovrà essere autentico, responsabile e profondamente umano.

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