Nell’era dei social media e della comunicazione istantanea che stiamo vivendo, non occorre necessariamente sforzarsi troppo per trovare testimonial credibili. I dipendenti possono infatti diventare i migliori ambasciatori della loro azienda. Non si tratta semplicemente di condividere contenuti, bensì anche di trasmettere fiducia, valori e autenticità. Un programma di employee advocacy ben strutturato permette di amplificare la voce del brand e di farlo attraverso persone reali, trasformando ogni interazione in un’occasione di engagement e costruendo una reputazione solida e credibile.
Indice dei contenuti
Cos’è l’employee advocacy e perché la voce dei dipendenti è più credibile della pubblicità
Il concetto di employee advocacy si basa su un principio semplice: i clienti tendono a fidarsi di più delle persone che della pubblicità tradizionale. Secondo diversi casi studio, i contenuti condivisi dai dipendenti ottengono livelli di engagement fino a otto volte superiori rispetto a quelli pubblicati dai canali ufficiali del brand. Non deve stupire, l’efficacia delle recensioni online, per esempio, su basa sullo stesso identico fondamento.
Le promozioni sono vuote ed effimere, ma se è una persona in carne e ossa, che potremmo incontrare per strada, a consigliarci un prodotto, siamo più portati a crederle. La ragione è chiara: un dipendente che parla bene della propria azienda non appare come qualcuno che voglia imporci un messaggio, bensì come una testimonianza autentica. I potenziali consumatori percepiscono questa autenticità come un segnale di fiducia. Ciò rende l’employee advocacy una leva di marketing potente, oltre che a basso costo. Inoltre, i lavoratori hanno reti personali eterogenee, le quali permettono al brand di raggiungere pubblici difficili da intercettare con i soli canali istituzionali.
Questo non significa sostituire la comunicazione corporate, che deve comunque essere portata avanti, dal momento che chi non investe in pubblicità, di fatto, neppure esiste, ma piuttosto integrarla con una voce che sia più umana, perché vicina e spontanea.
7 passaggi per creare un programma di employee advocacy di successo
Per rendere efficace un progetto di employee advocacy, che attiri potenziali acquirenti, non basta chiedere ai dipendenti di condividere post aziendali. Serve un approccio più strutturato, che tenga conto di obiettivi chiari, cultura organizzativa e strumenti pratici. L’advocacy è una strategia precisa, non può essere affidata al caso. I sette passaggi fondamentali sono:
- definire obiettivi chiari e misurabili;
- costruire una solida cultura aziendale;
- fornire formazione sul personal branding;
- creare contenuti di qualità e facili da condividere;
- scegliere la piattaforma giusta;
- introdurre gamification e obiettivi;
- misurare i risultati e celebrare i successi.
Approfondiamoli più nel dettaglio.
1. Definire obiettivi chiari e misurabili
Ogni programma di employee advocacy deve partire da obiettivi precisi. Vuoi aumentare la brand awareness? Ti occorrono lead qualificati? Hai bisogno di rafforzare il recruiting? Qualunque sia la tua esigenza, definire i KPI fin dall’inizio ti consentirà di allineare le attività alle strategie aziendali. Non sottovalutare l’importanza di questa fase.
Ad esempio, se il tuo obiettivo è la lead generation, i dipendenti con ruoli commerciali potrebbero condividere casi studio e contenuti di prodotto, allo scopo di attirare potenziali interessati. Se invece il focus è l’employer branding, saranno più efficaci post che raccontano la vita in azienda e/o i valori del team, in maniera tale da rendere il marchio più umano e vicino alle persone. Misurare i risultati con metriche come reach, interazioni o traffico al sito, ti aiuterà a capire l’impatto concreto che stai generando.
2. Costruire una solida cultura aziendale
Affinché l’employee advocacy funzioni, i dipendenti devono credere realmente nei valori e nella mission dell’azienda. Non si può chiedere a qualcuno di diventare ambasciatore di un brand in cui non si riconosce. Per questo motivo, prima di pensare ai contenuti, è fondamentale lavorare sulla cultura interna. Focalizzati su fiducia, trasparenza e comunicazione aperta, concedendole prima di pretenderle. Renderai tutti i collaboratori orgogliosi di condividere con altri le proprie esperienze. Non si tratta di forzare la condivisione, ma di stimolarne la spontaneità. Chi lavora in azienda deve sentire di avere qualcosa di autentico da raccontare.
3. Fornire formazione sul personal branding e sull’uso dei social media
Non tutti i dipendenti hanno familiarità con i social, o con le logiche del personal branding. Ciò è pienamente normale. Per questo motivo, un programma di employee advocacy deve includere momenti di formazione. Si possono organizzare workshop su LinkedIn, brevi guide su come scrivere un post efficace o sessioni di coaching individuali, al fine di aiutare le persone a valorizzare e accrescere le proprie competenze. Questa formazione ha un doppio vantaggio: rafforza il profilo professionale dei dipendenti e, al tempo stesso, aumenta la qualità dei contenuti condivisi. In questa maniera si migliorerà considerevolmente la percezione del brand.
4. Creare e curare contenuti di alta qualità, facili da condividere
Per facilitare la condivisione, l’azienda deve mettere a disposizione contenuti pronti all’uso. Generalmente si tratta di articoli, infografiche, video o post, già sufficientemente ottimizzati. Ciò, naturalmente, non basta. I contenuti devono essere di valore, interessanti e pertinenti per il pubblico dei dipendenti, dunque loro coetanei e/o conoscenti. Un programma di employee advocacy ben strutturato lascia piena libertà di scelta: i dipendenti non sono megafoni che si accendono a comando, ma esseri senzienti che selezionano i contenuti a loro più vicini, personalizzandoli con il proprio tono.
Questo renderà la comunicazione più credibile e meno standardizzata. Esattamente quel che stai cercando affinché l’advocacy funzioni e non si dimostri soltanto un concetto vuoto.
5. Scegliere la piattaforma tecnologica giusta per la gestione del programma
La tecnologia è un alleato fondamentale in una strategia di questo tipo. Esistono piattaforme specifiche per l’employee advocacy che semplificano la distribuzione dei contenuti, tracciano i risultati e incentivano la partecipazione. Questi tool, che più avanti indicheremo, permettono di caricare materiali, suggerire testi, monitorare quali dipendenti siano più attivi e misurare l’impatto sulle metriche aziendali. La scelta della piattaforma più adatta dipenderà dalle dimensioni della tua realtà, dal tuo budget e dal livello di integrazione richiesto con altri strumenti di marketing impiegati.
6. Introdurre la gamification e un sistema di incentivi
La motivazione è un’altra chiave che non dovresti sottovalutare. Oltre alla formazione e ai contenuti, di cui abbiamo già scritto, è utile introdurre meccaniche di gamification, quali classifiche, medaglie/badge o anche riconoscimenti pubblici. Contrariamente da quanto potresti pensare, gli incentivi non devono essere necessariamente economici per funzionare. Spesso basta un premio simbolico, una menzione particolare durante una riunione o la possibilità di partecipare a progetti speciali. Questo crea un circolo virtuoso in cui i dipendenti si sentono valorizzati e partecipano con entusiasmo, al fine di ricevere il premio la volta successiva che sarà assegnato.
7. Misurare i risultati e celebrare i successi favorisce l’employee advocacy
Come ogni strategia di marketing, anche quella su cui ci stiamo focalizzando va misurata. Vi sono strumenti di analisi quali quelli indicati in tabella che permettono di monitorare reach, interazioni, clic e conversioni generate dai contenuti condivisi dai dipendenti. È poi altrettanto importante celebrare i risultati. Ricordati di ringraziare pubblicamente chi si impegna di più; di condividere assieme i traguardi raggiunti e di mostrare l’impatto sul business. Simili accortezze rafforzeranno il senso di appartenenza e alimenteranno la motivazione sul lungo termine.
| Tool / Piattaforma | Principali caratteristiche | Pro | Contro |
|---|---|---|---|
| Sociabble | Gestione contenuti centralizzata, analytics avanzate | Ampia personalizzazione, ottimo supporto | Costo elevato per piccole e medie imprese |
| Smarp | App mobile-friendly, condivisione facile | Grande usabilità, adatta a team distribuiti | Meno opzioni di integrazione |
| EveryoneSocial | Monitoraggio dettagliato, focus su engagement | Ottima scalabilità, report completi | Richiede onboarding fin troppo accurato |
| PostBeyond | Libreria contenuti, condivisione in un click | Interfaccia intuitiva, comoda per aziende piccole e medie | Meno adatta delle altre a contesti più complessi e strutturati |
Come superare la paura della perdita di controllo sul messaggio del brand
Uno dei timori più diffusi riguarda la possibilità che i dipendenti pubblichino contenuti non allineati alla comunicazione ufficiale. È un rischio reale, ma indubbiamente gestibile. La chiave è la formazione. Naturalmente, in seconda battuta occorre anche concedere fiducia.
Un programma di employee advocacy non deve essere percepito come un controllo rigido, ma piuttosto come un manuale di istruzioni. Fornisci linee guida semplici, chiarisci i valori aziendali e incoraggia la responsabilità personale, sottolineando l’importanza di mantenersi sempre allineati, allo scopo di remare dalla stessa parte e comunicare con più forza. Manterrai così un’elevata coerenza, senza soffocare l’autenticità.
La diversità delle voci, ad ogni modo, può rendere l’employee advocacy potente. I messaggi non filtrati dalla scure della comunicazione corporate risultano più veri e autentici. Accettare un certo grado di imperfezione significa guadagnare in autenticità, e i clienti lo percepiscono come un valore aggiunto. Mantieni un livello di tolleranza su quanto fanno i tuoi collaboratori e/o dipendenti e intervieni soltanto quando si allontanano troppo dal seminato e rischiano di trasmettere messaggi incoerenti o controproducenti.