
Nel contesto economico italiano, la tassazione sugli utili aziendali rappresenta un tema centrale per imprenditori, consulenti fiscali e investitori. Ogni anno il quadro normativo può subire variazioni significative, spesso legate a manovre di bilancio, riforme fiscali o interventi della Commissione Europea. Il 2025 non fa eccezione. In un clima di ricerca di equilibrio tra incentivi alla crescita e necessità di gettito, il legislatore ha introdotto modifiche che impattano in particolare sulle società di capitali, con un’attenzione speciale rivolta alle SRL, la forma giuridica più diffusa tra le PMI italiane.
Comprendere la tassazione degli utili aziendali richiede un’analisi dettagliata delle imposte applicate in fase di produzione del reddito e di distribuzione degli utili ai soci. È un sistema strutturato su due livelli: il primo riguarda le imposte sul reddito della società, come l’IRES e l’IRAP; il secondo si attiva nel momento in cui gli utili vengono distribuiti sotto forma di dividendi. Ed è proprio su questo secondo livello che si concentrano le novità del 2025, con ritocchi alla ritenuta del 26% e alla fiscalità dei soci persone fisiche.
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Cos’è la tassazione sugli utili aziendali
La tassazione sugli utili aziendali riguarda l’imposizione fiscale sugli utili generati da un’attività d’impresa, in particolare da società di capitali come le SRL e le SPA.
Gli utili sono i profitti che restano dopo aver dedotto tutti i costi aziendali, compresi stipendi, spese operative, ammortamenti e imposte.
Questi utili, una volta accertati a bilancio, possono essere lasciati in azienda oppure distribuiti ai soci sotto forma di dividendi.
In entrambi i casi, l’aspetto fiscale assume un ruolo determinante nella pianificazione della contabilità aziendale.
Quando l’utile resta in azienda, è soggetto alla tassazione societaria, principalmente IRES (al 24%) e, a seconda dei casi, IRAP.
Quando viene distribuito, si applicano ulteriori imposte a carico del socio, come la famosa ritenuta del 26% per le persone fisiche residenti in Italia.
Il sistema italiano, quindi, prevede una doppia imposizione economica: prima a livello societario, poi a livello personale.
È proprio questa doppia tassazione che molti imprenditori cercano di ottimizzare attraverso strumenti legali di pianificazione fiscale.
Differenza tra utili srl distribuiti e non distribuiti
La distinzione tra utili distribuiti e non distribuiti è fondamentale.
Gli utili non distribuiti sono quelli che restano all’interno della società, spesso reinvestiti per finanziare nuovi progetti, aumentare il capitale circolante o migliorare l’efficienza aziendale.
In questo caso, la tassazione si ferma alla sola IRES e, se applicabile, all’IRAP.
Non si genera alcuna imposizione ulteriore nei confronti dei soci, perché l’utile non ha ancora prodotto un flusso finanziario a loro favore.
Quando invece gli utili vengono distribuiti, si genera un secondo livello di tassazione.
I dividendi percepiti dai soci persone fisiche residenti in Italia sono soggetti a una ritenuta a titolo d’imposta del 26%, prelevata direttamente dalla società erogante.
Ciò significa che i soci ricevono un importo netto già tassato, senza ulteriori obblighi dichiarativi su quel reddito.
La scelta tra distribuire o trattenere gli utili è spesso dettata da esigenze aziendali e strategie fiscali.
Trattenere gli utili può essere vantaggioso dal punto di vista finanziario e fiscale, ma a volte i soci preferiscono ricevere liquidità.
Quando si paga la ritenuta del 26% sugli utili della SRL
La ritenuta del 26% si applica nel momento in cui una SRL distribuisce utili ai propri soci, a condizione che questi siano persone fisiche residenti in Italia.
La ritenuta viene applicata automaticamente dalla società al momento del pagamento del dividendo.
Ciò significa che se un socio ha diritto a 10.000 euro di dividendi, riceverà effettivamente 7.400 euro, perché 2.600 euro verranno versati all’erario dalla società.
Nel caso in cui i soci siano persone giuridiche (ad esempio un’altra società), il regime cambia: i dividendi percepiti sono soggetti a un’imposizione parziale in base a specifiche percentuali di imponibilità (solitamente il 5%), con il resto escluso da tassazione per evitare la doppia imposizione su utili già tassati a monte.
Le novità introdotte nel 2025 hanno confermato l’aliquota del 26%, ma con l’introduzione di nuovi obblighi dichiarativi per alcune tipologie di partecipazioni e una maggiore attenzione alle distribuzioni “extra bilancio”.
Quanto sono tassati i dividendi aziendali
Per comprendere quanto sono tassati i dividendi aziendali, è utile riprendere il concetto di doppia imposizione.
A livello societario, l’utile è tassato con l’IRES al 24%, mentre a livello personale, in caso di distribuzione ai soci persone fisiche, si aggiunge la ritenuta del 26%.
Facendo una simulazione semplificata, se una società genera 100.000 euro di utile, pagherà 24.000 euro di IRES, restando con 76.000 euro netti.
Se questi vengono interamente distribuiti, si applicherà una ritenuta di 19.760 euro (il 26%), lasciando al socio un dividendo netto di 56.240 euro.
Il totale delle imposte pagate, in questo caso, ammonta a 43.760 euro, ovvero un carico fiscale complessivo del 43,76%.
È importante sottolineare che in alcuni casi i dividendi possono beneficiare di regimi agevolati, ad esempio per partecipazioni qualificate detenute da lungo tempo o in caso di soci residenti in Paesi con cui l’Italia ha convenzioni contro la doppia imposizione.
Come non pagare il 26% sugli utili
Evitare legalmente la ritenuta del 26% non significa eludere il fisco, ma piuttosto utilizzare in modo strategico gli strumenti offerti dall’ordinamento.
Una delle strade più comuni è quella di detenere le quote della SRL tramite una holding, ovvero una società capogruppo che riceve i dividendi senza subire la ritenuta, beneficiando della parziale esenzione dal reddito imponibile prevista per le partecipazioni qualificate.
Un altro strumento efficace è il reinvestimento degli utili in azienda. Finché gli utili non vengono distribuiti, restano soggetti solo all’IRES.
Molti imprenditori scelgono questa strada per finanziare nuovi progetti o rafforzare la struttura patrimoniale della società, evitando così la ritenuta immediata.
Infine, è possibile valutare l’attribuzione degli utili attraverso l’assegnazione agevolata di beni ai soci o la trasformazione della società in un ente fiscalmente più vantaggioso.
Naturalmente, tutte queste strategie vanno analizzate insieme a un professionista, tenendo conto dei rischi fiscali e delle finalità aziendali.
Nel 2025 la tassazione sugli utili aziendali si conferma uno degli snodi centrali nella gestione finanziaria delle imprese.
Le regole non sono cambiate radicalmente, ma le novità introdotte richiedono attenzione, soprattutto per quanto riguarda la ritenuta del 26% e le modalità di distribuzione degli utili.
Per le SRL, il tema resta particolarmente delicato, vista la diffusione di questo tipo societario tra le PMI italiane.
Comprendere il meccanismo della doppia imposizione, le differenze tra utili distribuiti e non distribuiti, e le strategie legali per ottimizzare la tassazione diventa sempre più importante per chi vuole proteggere il valore creato dalla propria attività.
Un’attenta pianificazione fiscale, realizzata con l’aiuto di professionisti esperti, può fare la differenza tra un carico fiscale pesante e una gestione efficiente del capitale.