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Qual è la percezione degli italiani verso l’innovazione digitale

Qual è la percezione degli italiani verso l’innovazione digitale

Anche quest’anno Trieste è teatro della conferenza internazionale State of the Net (giunta alla sua decima edizione) e anche quest’anno l’obiettivo principale è indagare sulle conseguenze che la diffusione e l’uso di internet produce sulla società, sulla politica e sull’economia. Tra gli ospiti della prima giornata di lavori anche Giulio Vidotto Fonda, ricercatore di SWG, che dal palco della manifestazione ha presentato l’indagine creata dalla stessa SWG: “Conseguenze degli algoritmi: l’atteggiamento degli italiani verso l’innovazione digitale”.
L’indagine è stata condotta tra il 30 maggio e il 4 giugno 2018 su un campione di 1.000 soggetti rappresentativo della popolazione italiana online. Da questa è emerso che gli italiani che navigano online, circa il 90% della popolazione, hanno una percezione positiva dell’innovazione digitale e dell’intelligenza artificiale. Il 58% crede che la società abbia principalmente tratto beneficio da queste innovazioni e associa all’innovazione emozioni positive: principalmente fiducia (46%), sorpresa (37%) e speranza (36%). Tuttavia, il 18% prova emozioni negative se pensa all’innovazione digitale.

Quando la fiducia diminuisce

La fiducia viene a meno, e scende dal 46% al 32%, soprattutto tra gli italiani online che presentano un ridotto background digitale, culturale ed economico: si tratta del segmento di persone che hanno difficoltà con le nuove tecnologie, che hanno ottenuto al massimo il diploma di scuola secondaria e quelli che si trovano in difficoltà economiche, se non in condizioni di povertà. Allo stesso modo, se 3 persone su 4 affermano di essere personalmente pronte ad affrontare la svolta digitale, la percentuale si abbassa drasticamente al 50% in questo segmento del campione, mettendo in evidenza come l’alfabetizzazione digitale giochi un ruolo determinante. Più in generale, solo il 45% del campione ritiene che gli italiani siano pronti alla svolta.

Gli ambiti dove l’innovazione digitale non è percepita positivamente

Il valore aggiunto dell’innovazione digitale non è però percepito positivamente in tutti gli ambiti. Un contributo positivo viene offerto alla scienza medica per l’80% degli italiani, alla mobilità (77%), alle attività economiche e produttive (64%), alla sicurezza (57%) e all’educazione (56%). Il contributo appare però più controverso in altri campi, come quello del cibo: in questo caso il 46% è convinto degli effetti positivi, mentre il 54% ritiene che ci siano aspetti sia positivi che negativi o solo negativi. La flessione maggiore si registra infine nella politica. Secondo un terzo degli italiani, l’innovazione digitale ha danneggiato la politica, per 4 persone su 10 questo ha condizionato la politica nel bene o nel male, mentre solo uno su quattro afferma di averla migliorata.
Una vera e propria scissione tra le opinioni dei cittadini italiani si verifica però quando il tema dell’innovazione digitale tocca l’ambito del lavoro. Il 42% (in particolare persone con elevato reddito ed elevato livello di educazione) ritiene che robot e algoritmi non rubino posti di lavoro; il 47% ritiene invece che questo avverrà. In particolare, rispetto al 2016, la percentuale di coloro che ritiene che i robot rimpiazzeranno i lavoratori in diverse mansioni è cresciuta dal 27 al 32%, mentre è diminuito dal 19% al 15% il numero di coloro che ritengono che i salari diminuiranno. Nella top 5 dei lavori ritenuti maggiormente a rischio figurano professioni come l’autista, gli operatori alle macchine (per il 46% degli italiani online), gli artigiani e gli agricoltori (per il 32%), le professioni d’ufficio più di routine (26%), le professioni non qualificate (19%) e quelle tecniche (15%).
state of the net

Il peso dell’intelligenza artificiale

Parlando di intelligenza artificiale, gli italiani si posizionano tra le due posizioni dei dataist, ovvero quelli che affiderebbero la loro vita agli algoritmi, e degli humanist, che rifiutano la sostituzione dell’intelligenza artificiale all’uomo. Queste posizioni estreme sembra riguardino rispettivamente una minoranza del 10% e del 13%, mentre 3 italiani su 4 sembrano favorire soluzioni sinergiche a lungo termine tra uomo e intelligenza artificiale.
Tra le attività che gli italiani umani ritengono possa svolgere soprattutto l’uomo ci sono quelle legate alla cura dei bambini e della persona, al divertimento, alla cucina e il raccontare storie, con percentuali tra il 90 e l’85%. Gli algoritmi possono iniziare a giocare un ruolo di assistenza in attività come la composizione della musica, la gestione delle risorse umane, il giardinaggio: in questo caso la percentuale degli italiani che credono che questi lavori possano essere svolti solo dagli uomini scende tra il 78 e il 72%. La quota scende ulteriormente per attività come il suggerimento di libri, musica e film; il suggerimento di un’anima gemella o la guida. Gli italiani online sono più propensi a una collaborazione ibrida ancora più stringente tra uomini e macchine per quanto concerne invece l’arbitraggio di una partita di calcio, una diagnosi clinica, le indagini per l’arresto di un criminale o le strategie per vincere una guerra. Ritengono poi che sia soprattutto compito degli algoritmi le attività di trading finanziario o trovare la strada più rapida in città.
state of the net
Esiste, tuttavia, una consapevolezza diffusa sullo scenario dei prossimi 10 anni. Gli italiani prevedono sempre più attività destinate a essere governate da algoritmi e intelligenza artificiale. Rientreranno in questo ambito la guida, l’arbitraggio di una partita di calcio, le diagnosi, gli arresti, la strategia per la gestione di una guerra. Anche la gestione delle risorse umane rientrerà in un una prospettiva di collaborazione ibrida con il 54% degli italiani che la demandano agli uomini e il 30% agli algoritmi. Sorprende il dato sul suggerimento dell’anima gemella: trainato dall’utilizzo di app di dating: gli italiani sono sempre più portati a considerare il ruolo degli algoritmi in questa mansione (27%), mentre il 24% non sa e il 49% lo ritiene essere un compito prettamente umano.