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Digital transformation: gli europei chiedono più innovazione e maggiore protezione dei dati

Digital transformation: gli europei chiedono più innovazione e maggiore protezione dei dati

La trasformazione digitale (digital transformation) oramai coinvolge diversi settori strategici di ogni Paese, fondamentali per la popolazione e per la crescita economica, come l’acqua, le fonti energetiche, le risorse naturali in generale, fino alla gestione dei rifiuti. Capire quale impatto avranno queste nuove tecnologie informatiche e digitali proprio su tali aree strategiche è l’obiettivo di molti, in particolare è stato condotto uno studio Citizen.e Survey a livello globale dalla società di ricerca sensation.io e SAP.

I cittadini sono alla ricerca di vere innovazioni nel campo dei servizi pubblici, a patto che le loro informazioni personali siano al sicuro e rimangano private. Obiettivo dell’analisi è fornire indicazioni sulla percezione, l’interazione e le priorità dei cittadini nei confronti dei servizi pubblici e sulla loro valutazione in termini di fiducia e trasparenza. Ecco le principali evidenze emerse dallo studio:

  • Il 38% dei cittadini statunitensi intervistati indica il risparmio di tempo come ragione principale dell’adozione digitale, percentuale che raggiunge il 47% per gli europei.
  • La generazione Z è la generazione più connessa, istruita e sofisticata, ma la loro adozione dipende dalla fiducia e dalla trasparenza delle proposte.
  • Anche se i dati sono diversi a livello locale, gli intervistati di ogni Paese sono ottimisti sulla maggior parte delle innovazioni tecnologie adottate nelle loro città. 
  • Secondo lo studio, le smart city che investono in soluzioni digitali intelligenti assisteranno a una rapida adozione se alla base esiste un rapporto di fiducia tra amministrazione pubblica e cittadino perché «gli utenti non condivideranno i propri dati se non hanno la certezza che questi non siano trattati in modo sicuro e non verranno utilizzati per scopi diversi da quelli per cui è stato espresso il loro consenso». L’Italia in questo ambito si posiziona sesta nella classifica che vede in testa la Svezia quando si combina la propensione positiva a fornire dati personali alle amministrazioni pubbliche e il valore che si potrebbe ricevere in cambio.

Nel 2018 il numero degli utenti connessi ad Internet nel mondo ha sorpassato i 4 miliardi. Si tratta di un dato storico, che di fatto evidenzia come oggi più della metà della popolazione mondiale abbia varcato le porte del web. Inutile elencare gli innumerevoli vantaggi derivanti dallo sviluppo tecnologico e digitale degli ultimi anni. Che internet costituisca oramai uno strumento indispensabile della vita quotidiana è un concetto assodato, quasi superfluo. Eppure, accanto agli svariati plus offerti dall’universo online, nel tempo l’attenzione degli esperti si è gradualmente spostata sui pericoli che la diffusione e l’abuso dei dati sono in grado di generare.

Siamo immersi nel tutto digitale, che cattura e analizza costantemente le nostre tracce e meta-tracce comportamentali in ogni situazione, e non solo quando navighiamo sul web o usiamo lo smartphone: l’Internet delle Cose (Internet of Things, IoT), infatti, con i suoi sensori e oggetti interconnessi avrà sempre di più il potere di tradurci – volenti o nolenti  in rappresentazioni immateriali di noi stessi, cioè in dati, anche a partire dal nostro essere-nel-mondo fisico e materiale. Nessuno può dirsi immune, dovremmo allenarci e non abbassare la guardia, per difenderci dalla tentazione della tuttologia digitale fuorviante, a portata di click.